HIV e AIDS: quale relazione?

 
    Questa pagina discute una ipotesi medica moderna, se il virus HIV (human immunodeficiency virus) sia o non sia la causa necessaria dell'AIDS (acquired immuno deficiency syndrome, sindrome da immunodeficienza acquisita). La maggioranza degli scienziati e dei medici che si occupa dell'AIDS accetta come definitivi i dati che indicano l'HIV come causa specifica dell'AIDS: ad es. e' dimostrato che farmaci capaci di inibire in laboratorio gli enzimi del virus sono in grado di inibire il progredire della malattia nel malato (anche se non di gurarirla definitivamente). L'ipotesi opposta, che l'AIDS non dipenda dall'HIV e' provocatoria ma difficilmente sostenibile sulla base delle nostre conoscenze scientifiche.
    Lo spunto per questa discussione viene dalla domanda, rivoltami per e-mail da una studentessa del mio corso, sull'attendibilita' delle critiche sulla relazione causale tra HIV e AIDS. Avevo scritto una sbrigativa risposta per sostenere che le prove che il virus HIV e' la causa dell'AIDS sono forti, anche se non tutti i tests usati per molte malattie infettive "classiche" sono applicabili, e che le critiche si basano su alcuni difetti logico-linguistici nella definizione della malattia e del concetto di causa, usati in modo molto abile dal punto di vista comunicativo, ma deboli dal punto di vista empirico. Ritorno ora su questo argomento in modo piu' completo, dopo aver riletto con attenzione le argomentazioni critiche (che sono in gran parte disponibili anche sul web).
    Uno tra i primi a criticare l'ipotesi che l'HIV sia la causa necessaria dell'AIDS e' stato il prof. P. Duesberg, che cura un sito web (www.duesberg.com; altri riferimenti si trovano nella nota 1). Sul sito del prof. Duesberg (che e' scritto in terza persona) si legge ad esempio:
 
"Duesberg started questioning HIV in 1987. He claims there is no virological, nor epidemiological, evidence to back-up the HIV-AIDS hypothesis. Instead, the virus is biochemically inactive and harmless, and AIDS is not behaving as a contagious disease, he says."
 
    In primo luogo credo sia utile riportare qualche dato.
1a) La malattia compare ufficialmente nel 1982 (data della prima diagnosi clinica), ma studi retrospettivi, ottenuti mediante analisi immunologiche di tessuti prelevati da cadaveri, spostano la comparsa dell'AIDS indietro di dieci anni, al 1970 circa. Da allora si stima che l'AIDS abbia contagiato almeno 65 milioni di individui e causato circa 25 milioni di morti. Secondo l'ultimo report dell'Organizzazione Mondiale della Sanita' ci sarebbero nel mondo circa 40 milioni di persone infette (http://www.who.int/hiv/en/) e la letalita' e' di circa il 10% all'anno (tra i 3 e i 5 milioni di morti). Per confronto la malaria, probabilmente la malattia infettiva piu' diffusa, causata da protozoi del genere Plasmodium, conta attualmente circa 500 milioni di casi, pero' con una letalita' inferiore al 5% all'anno per la forma piu' grave (da P. falciparum).
2a) Nella stragrande maggioranza dei casi di AIDS conclamato e' possibile dimostrare la presenza del virus HIV e degli anticorpi contro di esso.
3a) Tra l'infezione e la malattia conclamata intercorre un lungo intervallo di tempo (anche dieci anni), nel quale il virus HIV e gli anticorpi contro di esso sono dimostrabili nel sangue del malato, ma non vi sono sintomi. E' stato dimostrato che nel corso di questo intervallo preclinico i linfociti sono distrutti in gran numero dall'infezione ma costantemente riformati nel midollo osseo e nelle altre strutture competenti: anche se i sintomi sono assenti, i segni di malattia sono ben presenti e possono essere evidenziati con indagini opportune.
4a) Le precauzioni usualmente suggerite (uso di preservativi nei rapporti a rischio, impiego di siringhe monouso, etc.) sono efficaci per diminuire la probabilita' del contagio.
5a) Il virus HIV e' ben studiato e i farmaci antivirali (efficaci in vitro su proteine virali purificate) migliorano la prognosi (in vivo).
Le evidenze qui elencate forniscono un solido sostegno empirico al ruolo causale dell'HIV nell'AIDS, e dimostrano che esiste una immunodeficienza acquisita causata dal virus HIV che possiamo chiamare malattia AIDS-HIV. E' importante notare che la stima di 40 milioni di casi e 25 milioni di morti riferisce esclusivamente a questa AIDS-HIV.
 
    In secondo luogo penso sia importante considerare alcuni problemi specifici dell'AIDS, di natura empirica:
1b) La diagnosi e l'epidemiologia sono in molti casi incerte perche' la malattia e' piu' frequente nei paesi in via di sviluppo nei quali il servizio sanitario e' lacunoso o assente; e' probabile che la prevalenza della malattia sia piu' alta di quanto accertato.
2b) Mancano modelli animali adeguati: apparentemente l'HIV in condizioni naturali causa la malattia nella sua forma completa e caratteristica solo nell'uomo, sebbene esistano virus simili che danno malattie simili in animali. Questo comporta che alcune prove classiche non possano essere ottenute. Ad esempio il microbiologo R. Koch, uno dei fondatori della microbiologia medica, richiedeva tra le prove necessarie per stabilire che un microorganismo e' la causa di una malattia che questo, isolato dal malato e coltivato in laboratorio, potesse indurre la malattia nell'animale sensibile; ma per l'AIDS manca l'animale da laboratorio sensibile. Una situazione analoga valeva per il vaiolo e vale per la sifilide, ma non ha mai causato eccessive difficolta'.
3b) Il virus HIV va incontro a mutazioni molto frequenti (e' considerato una "quasi-specie") e pertanto forma una popolazione eterogenea nel corso della stessa infezione, che come gia' sottolineato si sviluppa su un tempo molto lungo.
4b) Esistono numerose immunodeficienze, sia congenite che acquisite, diverse dall'AIDS-HIV e non dovute ad HIV. Questo puo' confondere la diagnosi, e certamente crea una confusione concettuale sulla quale si soffermano i critici della relazione tra HIV e AIDS. Le immunodeficienze acquisite diverse da quella dovuta ad HIV sono in genere lievi e transitorie; quelle gravi sono rare e la loro frequenza e' trascurabile se confrontata con le stime di milioni di malati e di morti causati dall'AIDS-HIV. Ad esempio e' comune una immunodeficienza piuttosto marcata ma transitoria nel corso del morbillo; di solito non e' pericolosa ma pone il soggetto a rischio per la superinfezione batterica o per la riacutizzazione di una tubercolosi in precedenza latente (questi problemi possono essere molto gravi e persino mortali nei paesi in via di sviluppo dove si sommano alla denutrizione e alla mancanza di antibiotici).
5b) Ovviamente c'e' una serie di implicazioni ideologiche ed etiche (contagio venereo; comportamenti a rischio; etc.), che complica la discussione. Per il medico l'individuazione dei comportamenti a rischio ha interesse solo in quanto consente di suggerire le piu' idonee misure preventive.
 
    Da ultimo occorre considerare i problemi concettuali che si intrecciano con i precedenti e fanno si che la discussione si svolga all'insegna della confusione. Si deve considerare che l'AIDS-HIV e' un problema sanitario mondiale che ha grande risonanza e attorno al quale si muovono enormi somme di denaro: per questo motivo le confusioni non sono soltanto deleterie ma si prestano a favorire diatribe spesso alimentate dal protagonismo dei loro attori piu' che da dati scientifici.
1c) Il nome di AIDS e' erroneo e andrebbe modificato: infatti si puo' affermare con certezza che l'AIDS-HIV e' una malattia ben individuata e costituisce una categoria nosologica omogenea e non una sindrome. Il termine sindrome indica una associazione di sintomi [2] ed e' usato per quelle entita' nosologiche imprecise, eterogenee o insufficientemente studiate, sulle quali il medico non vuole azzardare ipotesi; era giustificato negli anni '80 ma oggi non piu'. Spesso varie malattie diverse possono presentare sindromi (cioe' complessi di sintomi) grossolanamente simili e le immunodeficienze globalmente considerate costituiscono una sindrome. Se l'AIDS-HIV diventasse AIDD, cioe' malattia da immunodeficienza acquisita anziche' sindrome, sarebbe facile evitare la confusione terminologica e concettuale con le altre sindromi da immunodeficienza nominate sopra. La distinzione e' esclusivamente nelle parole, e non nei fatti, e percio' non e' molto rilevante, ma e' sfruttata in senso critico da molti tra coloro che si oppongono alla relazione causale tra HIV e AIDS.
2c) Ancora sulla distinzione tra sindrome e malattia, e' importante osservare che la stessa malattia puo' presentare sindromi diverse; ad esempio gia' a meta' dell'800, in epoca precedente all'identificazione del suo agente causale, era perfettamente noto che la malaria puo' presentarsi in forme tipiche e in forme atipiche, e un grande fattore unificante era la sensibilita' al chinino. Il fatto che l'AIDS-HIV possa presentarsi in varie forme, non lo fa diventare una categoria nosologica eterogenea; bisogna anzi considerare che una immunodeficienza apre la strada a superinfezioni batteriche o fungine opportunistiche che aggiungono i loro sintomi e rendono alquanto variegato il quadro clinico. Farsi sviare da queste difficolta' contingenti significa perdere di vista il meccanismo patogenetico di fondo, comune a tutti i casi di AIDS-HIV.
3c) Il fatto che alcuni individui siano piu' sensibili di altri al contagio e' comune a molte malattie e dipende dalla costituzione ereditaria; per la stessa ragione quali sintomi della sindrome saranno presenti in ogni singolo malato e quali saranno assenti dipende da fattori contingenti e da fattori ereditari. In realta' per molte o forse per tutte le malattie la costituzione genetica dell'individuo e' un fattore determinante e la diversa sensibilita' di individui diversi al contagio, o la loro diversa inclinazione a produrre certi sintomi piuttosto che altri non desta nessuna sorpresa.
4c) La lunga fase preclinica dell'AIDS e' anch'essa un fatto sostanzialmente irrilevante dal punto di vista dell'eziologia. Come abbiamo visto e' asintomatica ma non priva di riflessi sulla fisiologia e sul ricambio dei linfociti e pertanto corrisponde ad una fase di malattia, nella quale il soggetto e' per di piu' contagioso. Inoltre condizioni simili si verificano in molte altre malattie infettive: ad esempio la rabbia ha un periodo di incubazione di molti mesi (fino ad un anno), e nel caso di malattie quali la salmonellosi e' possibile lo stato di portatore sano, nel quale il soggetto ospita il germe e puo' trasmettere la malattia pur non essendo egli stesso clinicamente malato.
 
 
    ANALISI DELLE CRITICHE AL RUOLO DELL'HIV NELL'EZIOLOGIA DELL'AIDS
    Riporto in primo luogo le obiezioni del prof. Duesberg in un articolo divulgativo del 1990:
 
"Koch's Postulates Unmet
Scientists dissenting against this widely accepted virus-AIDS hypothesis often raise as their most fundamental point that this theory has simply never been proven. Introduced by Robert Koch in the past century, the classical criteria for showing whether a disease is infectious and caused by a particular microbe are called Koch's Postulates. But as the Harvard molecular biologist Walter Gilbert, a Nobel laureate, points out, these criteria have not been met for HIV:
Postulate 1: The germ must be found in the affected tissues in all cases of the disease. However, no HIV at all can be isolated from at least 10 to 20 percent of AIDs patients; until the recent advent of highly sensitive methods, no direct trace of HIV could be found in the majority of AIDS cases. Further, HIV cannot be isolated from the cells in the lesions of Kaposi's sarcoma, nor from the nerve cells of patients with AIDs dementia.
Postulate 2: The germ must be isolated from other germs and from the host's body. The amounts of HIV in AIDS patients are typically so low that the virus must be isolated indirectly from a patient, only after first isolating huge numbers of cells from the patient and then reactivating the virus. In classical diseases, enough active virus is present to isolable directly from the blood or affected tissue; anywhere from one million to one billion units of virus per milliliter of body fluid can be found during the time most viruses cause , and viruses of the same class as HIV are found at levels between 100,000 and 10 million units per milliliter. HIV, on the other hand, is usually found in less than five units and never in more than a few thousand units per milliliter of blood plasma.
Postulate 3: The germ must cause the sickness when injected into healthy hosts. HIV has not been shown to cause disease when injected experimentally into chimpanzees, nor when accidentally injected into human health care workers, even though the virus successfully infects those hosts. If for ethical or other reasons this third postulate cannot be tested from some particular germ, strong alternative evidence has to be provided by specific therapies that neutralize the microbe and thereby prevent the disease; such therapies would include antibiotics or vaccines. However, no therapies or antibodies against HIV have been able to prevent AIDS diseases, although new drugs and vaccines are continually being proposed.
Postulate 4: The same germ must once again be isolated from the newly diseased host. Until the third postulate can be met, this one is irrelevant.
The failure to meet Koch's postulates raises questions about whether AIDS is even infectious at all. Koch's postulates are the standard criteria for determining disease agents. When they are not met, strong alternative evidence must be produced to support any infectious agent hypotheses." (si veda: Duesberg, 1990)
 
    Chiaramente il prof. Duesberg propone una argomentazione piuttosto tecnica, sulla quale possiamo dire questo:
Postulato 1: se nel 10%-20% dei casi di AIDS non si trova l'HIV questo vuol dire che lo si trova nell'80%-90% dei casi; dato che esistono altre immunodeficienze oltre l'AIDS-HIV, la correlazione statistica tra HIV e AIDS e' fortissima (si veda sopra, punto 2a). L'HIV si trova anche in persone asintomatiche, ma queste, come detto al punto 3a hanno una situazione anomala del ricambio dei linfociti; inoltre anche volendo considerare come sani i sieropositivi (che in genere dopo un certo numero di anni si ammalano), la correlazione rimane fortissima perche' la stragrande maggioranza dei sani e' negativa per HIV [3]. Il fatto che il virus non si trovi nel sarcoma di Kaposi viola il primo postulato di Koch, ma non e' inusuale: ad esempio dalle lesioni della cardiopatia difterica non si puo' isolare il germe della difterite (perche' la lesione e' causata da una tossina prodotta dal germe e veicolata dal sangue), ma questo non implica che il germe (Corynebacterium diphtheriae) sia innocente.
Postulato 2: il virus e' un parassita intracellulare e il fatto che nel sangue dei malati ci siano pochi virus liberi non dimostra nulla: la gran parte dei virus se ne sta dentro i linfociti, spesso nella forma di DNA intercalato nel DNA dell'ospite.
Postulato 3: abbiamo visto questo problema al punto 2b. Si deve considerare che la carica infettante e' piuttosto variabile e che il contatto deve essere intimo: non basta sporcarsi le mani col sangue infetto, occorre che questo entri in contatto con una ferita o una abrasione; inoltre fuori dell'organismo ospite il virus muore abbastanza in fretta.
 
    I dubbi del prof. Duesberg sono quelli di tutti, ma sono espressi in una forma piu' sensazionalistica e sottovalutano le evidenze positive a favore di quelle negative. Consideriamo ancora per un momento il problema di quel 10-20% di casi di AIDS negativi al test per HIV e proviamo a spiegarli. Chiaramente la tesi del prof. Duesberg, in teoria condivisibile, e' la seguente: se esiste anche un solo caso certo di AIDS in un paziente che non ospita nel suo organismo il virus HIV, l'HIV non puo' essere la causa necessaria della malattia. In pratica pero' noi possiamo essere certi soltanto di cio' che misuriamo e sappiamo che le nostre misure contengono errori: per questo, soprattutto in medicina, le nostre certezze sono statistiche, e le nostre conclusioni sono probabilistiche.
    Supponendo che l'HIV sia la causa necessaria dell'AIDS, come indicato dalla correlazione dell'80-90% tra HIV e AIDS, quali errori di misura potrebbero giustificare quel 10-20% di casi di AIDS negativi per HIV?
1d) In primo luogo questa frazione comprendera' dei falsi negativi: campioni di sangue che contenevano il virus ma nei quali l'analisi ha fallito (questo puo' succedere perche' ogni test ha dei falsi negativi: se non troviamo l'ago nel pagliaio non possiamo essere certi che non ci fosse).
2d) In secondo luogo dobbiamo considerare i veri negativi e chiederci se non includano errori diagnostici: il paziente non aveva l'AIDS (ad esempio aveva una immunodeficienza in corso di una leucemia linfoide acuta erroneamente diagnosticata come AIDS). In molti studi che confrontano il reperto autoptico con la diagnosi pre-mortale l'errore diagnostico ha una frequenza del 25-30%, e molti casi di AIDS si verificano in individui che non hanno accesso a servizi sanitari adeguati, nei quali l'errore diagnostico e' probabilmente frequente (paesi in via di sviluppo, individui appartenenti a classi disagiate e marginali negli USA).
3d) Infine dobbiamo chiederci se vi sono immunodeficienze di altra origine, ancora incompletamente classificate; anche questo non ci stupirebbe affatto perche' in molte sindromi si osservano o si sono verificati casi analoghi. In una prospettiva storica incertezze del genere non sono rare: ad esempio la classificazione delle anemie e' stata a lungo incerta e le enteriti in epoca precedente allo sviluppo della microbiologia sembravano tutte uguali. Ovviamente esistono enteriti da Salmonella e enteriti da altri germi e il fatto di trovare un paziente che ha l'enterite ed e' negativo per il batterio Salmonella typhi non dimostra affatto che questo germe e' irrilevante per l'eziologia delle enteriti (e infatti causa la malattia chiamata febbre tifoide la cui sindrome include l'enterite). Gli errori e le incertezze della nosologia sono analoghi agli errori diagnostici, ma non possono come quelli essere corretti finche' non migliora la nostra capacita' di classificare le malattie.
 
    D'altra parte, il prof. Duesberg propone una critica che ha anch'essa paralleli nella storia della medicina e non puo' essere completamente accantonata: ad esempio il batterio Haemophylus influenzae deve il suo nome al fatto che era spesso isolato nell'espettorato di pazienti ammalati di influenza, tanto che si era pensato che ne fosse l'agente causale. Studi successivi hanno dimostrato che l'agente causale dell'influenza e' un orthomyxovirus e l'Haemophylus e' un patogeno occasionale che causa una superinfezione approfittando della condizione anatomopatologica anomala del polmone in corso di influenza.
    Ritengo che per ora la nostra migliore ipotesi sull'eziologia dell'AIDS sia l'HIV (probabilmente col concorso di fattori favorenti nella costituzione genetica del malato), e che come tutte le ipotesi scientifiche anche questa potrebbe necessitare di correzioni o revisioni, che pero' al momento non sembrano in vista.
 
 
    NOTE E RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
    1: Alcuni siti web sui quali si parla della relazione causale tra HIV e AIDS:
http://www.hypothesis.it/nobel/ita/bio/mullis.htm
http://www.disinformazione.it/aids-hiv.htm
http://freeweb.supereva.com/infoaids.freeweb/virus.htm?p
http://www.biaids.it/sezResource/Pages/HRinfez1.asp"
http://www.oikos.org/aids/it/citazioni.htm
 
    2: Riporto la definizione dell'enciclopedia medica De Agostini: "sindrome: complesso di sintomi obiettivi e soggettivi che caratterizzano un determinato quadro clinico, spesso simile in forme morbose dovute a cause diverse."
 

    3: La significativita' della correlazione e' valutata con metodi statistici che tutti gli studenti di medicina dovrebbero conoscere; ad ogni modo e' evidente che se il 90% dei malati di AIDS conclamato ha nel sangue il virus HIV, per considerare questo dato dovuto al caso, l'HIV dovrebbe poter essere isolato anche dal sangue del 90% dei sani!
 

Domande o commenti? Scrivi una mail.

Torna all'indice