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Del Mal del Segno, Calcinaccio o Moscardino
malattia che affligge i bachi da seta e del modo di liberarne le bigattaje, anche le piu' infestate.
di Agostino Bassi
Parte prima, pubblicata a Lodi presso la tipografia Orcesi nell'anno 1835.
Trascrizione di Andrea Bellelli
[Agostino Bassi (1773-1856), laureato in legge ma possidente terriero per professione e tradizione familiare, aveva una notevole preparazione in medicina e in biologia, acquistata seguendo per diletto le lezioni di queste materie all'universita' di Pavia. Scrisse vari libri nei quali riporto' osservazioni naturalistiche e precetti per l'allevamento degli animali e la coltivazione delle piante; ma la sua opera principale e' quella qui riportata, nella quale egli dimostro', cinquant'anni prima dei lavori fondamentali di Koch e Pasteur, l'eziologia infettiva di una malattia epidemica del baco da seta. I metodi sperimentali di Bassi anticipano quelli di Pasteur; e Pasteur non faceva mistero di considerare il testo di Bassi come una fonte di ispirazione. Nell'Introduzione e nella Conclusione (cap. VIII) Bassi riassume le due teorie della medicina classica sulle epidemie, sviluppate fin dall'epoca greca e greco-romana: che l'epidemia sia causata dall'esposizione della popolazione ad un agente nocivo comune, che causa in ciascuno indipendentemente dagli altri la stessa malattia; e che l'epidemia sia causata dalla trasmissione interumana del morbo. Le due teorie non sono mutuamente esclusive ed esistono esempi sia dell'una che dell'altra: ad es. il gozzo endemico e lo scorbuto per la prima e molte malattie infettive per la seconda. Bassi aggiunge pero' un requisito alla prima teoria: che la malattia indotta da influenze ambientali sia poi trasmissibile dal baco malato al sano, e si accorge che i suoi tentativi di riprodurre il mal del segno non soddisfano a questo ulteriore requisito, come fa invece il materiale isolato dall'individuo infetto; il ragionamento di Bassi prefigura almeno uno dei postulati di Koch, quello secondo il quale il germe deve essere in grado di riprodurre a piacere dello sperimentatore la malattia negli animali sensibili. Mancarono a Bassi, per eguagliare i suoi piu' famosi successori, l'idea di coltivare il germe in un mezzo di cultura artificiale, anziche' riprodurlo soltanto nell'animale sensibile, ed il concetto dell'immunita' acquisita, che egli riferiva ad una generica inidoneita' dell'ospite (cap. VII). Il fungo agente del mal calcino e' classificato come Botrytis bassiana in onore di Agostino Bassi. Il trattato "Del mal del segno ..." e' diviso in due parti, denominate Teoria e Pratica, e pubblicate a distanza di un anno l'una dall'altra. Entrambe sono disponibili su questo sito. AB]
PREFAZIONE
    L'educazione del Moro e' pressoche' condotta all'ultimo grado di perfezione e lo sarebbe del pari quella dei Filugelli, sicche' potrebbe dirsi che chi ha Gelsi ha seta in proporzione della foglia che possede, se la terribile malattia del Segno o Calcinaccio non si opponesse costantemente alle cure del coltivatore e non rendesse vani tutti gli sforzi da esso praticati affine di prevenirla o superarla. Ribelle a tutti i rimedj e d'indole contagiosa accresce d'anno in anno vieppiu' le sue vittime e le deve crescere necessariamente col crescere de' suoi germi appiccaticci, che esilissimi aderiscono fortemente a tutti i corpi e si sospendono ben anche nell'atmosfera, contaminando cosi' la stess'aria ambiente delle stanze d'educazione. Ma se il Mal del Segno pote' recare sino adesso tanto danno ai privati ed allo Stato, fu perche' non si conosceva il nemico che si doveva combattere ne' i modi e le cose capaci di offenderlo.
    Ora pero' che per buona sorte si e' scoperto il principio produttore del rio morbo, in un coi mezzi di prevenirlo e di curarlo, se non isparira' intieramente dalle nostre bigattiere, dacche' natura e' troppo potente per non lasciare al tutto distruggere le sue produzioni anche nocive, cessera' almeno di fare grandi stragi dei preziosi animaletti. Il libro ch'io presento fa conoscere la sostanza ossia il principio generatore della malattia, la sua natura, i diversi modi coi quali si introduce nelle bigattaje e si diffonde all'intorno, come si possa tenerlo lontano dalle stanze di educamento, distruggerlo allorche' vi si e' introdotto, ed impedire la sua riproduzione e spandimento sui corpi circostanti, prevenendo cosi' in piu' maniere la malattia e spegnendola allorche' si e' manifestata: come fa conoscere tutte le circostanze che favoriscono lo sviluppo del morbo e quelle pure che lo contrariano. In quest'opera si tratta altresi' del Giallume e del Negrone, accennando specialmente il modo con cui queste malattie si moltiplicano indipendentemente ancora dalla causa prima che le produsse e come si possa opporsi alla loro propagazione. Divido il lavoro in due parti: espongo nella prima la teoria, e parlo nella seconda della pratica.
    La verita' della mia scoperta venne da me comprovata con esperienze istituite avanti una Commissione di nove Professori dell' I. R. Universita' di Pavia, la quale mi rilascio' il seguente certificato.
= Il sig. Dr. Agostino Bassi di Lodi nel 1833 si rivolse all'I.R. Universita' di Pavia domandando che gli fosse permesso di comunicare alcune sue sperienze, e ritrovati sulla malattia de' Bachi da seta, chiamata il Segno. Ma perche' in quell'anno non poteron aver luogo le sperienze opportune rinnovo' la domanda nel corrente 1834: e fatti gli sperimenti alla presenza d'una Commissione composta di membri della facolta' Medica e della Filosofica, si ebbero le seguenti conclusioni:
1. La materia bianca, incrostatura od efflorescenza del Baco da seta e' veramente contagiosa, ed e' atta quindi, posta in qualche modo al contatto dell'animale sano, a suscitare e propagare la malattia.
2. L' efficacia di una tale materia, puo' essere distrutta da diversi agenti chimici, inocui pero' alla natura dell'animale, o sia che cio' siasi fatto innanzi che tale sostanza venga applicata al corpo di lui, o che si faccia dopo che 1'animale ne venne tocco purche' l'applicazione del rimedio tenga presso sollecitamente alla contaminazione.
3. Vista la diffusibilita' somma della sostanza contagiosa detta, la quale rapidamente si appiglia ad ogni cosa, e tenacemente vi aderisce, vista l'esilita' somma delle parti sue, cosicche' un solo Baco estinto ridotto allo stato di efflorescenza puo' contaminare tutta una bigattiera, non si puo' dubitare che essa sia causa comune alla malattia nominata.
4. Considerato che vi hanno agenti chimici i quali sanno decomporre e distruggere questa sostanza morbifera, la Commissione si dichiara persuasa che mediante l'uso opportuno di tali agenti si potra' impedire la ora troppo facile riproduzione della malattia e pur anche curarla e prevenirla.
CONFIGLIACHI, Pro Direttore degli Studi Filosofici e Professore di Fisica.
MORETTI, Professore Agraria e di Botanica.
BRUGNATELLI, Professore di Storia Universale Generale.
PINALI, Pro Direttore degli Studi Medici.
Dott. PIETRO CARPANELLI, Decano della facolta' Medica.
Dott. GIAMBATTISTA LAURIN, Professore di Veterinaria.
PLATNER, Professore di Polizia Medica.
DE CATTANEI DI MOMO, Professore supplente di Chimica.
GIAMMARIA. ZENDRINI, Professore di Storia Naturale speciale.
Si certifica vera la firma e la qualita' rispettiva dei qui notati Signori Dottori Pietro Configliachi, Professore Ordinario di Fisica; Moretti, Professore Ordinario di Botanica e Supplente alla Cattedra di Agraria; Brugnatelli, Professore Ordinario di Storia Naturale Generale; Pinali, Pro Direttore degli Studi Medici; Pietro Carpanelli, Decano della facolta' Medica; Giambattista Laurin, Professore Ordinario di Veterinaria; Platner, Professore Ordinario di Polizia Medica; De Cattanei di Momo, Supplente alla Cattedra di Chimica; e Giammaria Zendrini, Professore Ordinario di Storia Naturale Speciale in questa I. R. Universita'
Pavia 30 Agosto 1834.
Dott. CESARE RIPARI, Cancelliere. =
    Questa mia produzione pare che interessar debba non solo l'educatore del Filugello, ma i cultori tutti delle Scienze naturali, potendo dessa togliere forse alcune delle tante anomalie che ci presenta la dottrina dei contagi in generale e spargendo nuova luce, recar forse l'aurora di nuove scoperte in un argomento tanto importante e tuttora si' oscuro.
    Costretto da imperiose circostanze a dover in breve rifondere l'intero mio componimento, non potei tuttavia dargli quell'ordine e quella connessione che avrei desiderato. Ma la maggior parte dei lettori e coloro in ispecie che hanno il maggior interesse in cosi' fatta materia, mi sapranno per avventura buon grado se rinverranno in piu' luoghi dell'opera ripetuti gli stessi principj. In seguito io stesso od altri piu' di me fortunati potra' esporre la stessa dottrina con piu' acconcio metodo, con piu' vasta erudizione e con miglior apprestamento di stile.
    Nel resto prego i sapienti ed i coltivatori i piu' istrutti a voler avere la bonta' di comunicarmi le savie loro osservazioni in proposito, prevenendoli pero' che a risparmio di tempo e di fatica, io non rispondero' che a quelle che mi sembreranno abbastanza fondate per poter promuovere in alcun modo i progressi della scienza o dell'arte.
    Quelli poi che vorranno aver la compiacenza di verificare le mie sperienze, li prego a voler ripetere piu' e piu' volte e per piu' anni, senza mai desistere dal cimento, benche' ottengano talvolta in certe circostanze dei risultamenti contrari alla loro aspettazione per cause da essi non conosciute, e fors'anche a me ignote tuttora. Convien sempre calcolare sul gran numero di fatti simili, aspettando che il tempo ci istruisca quindi sulle cagioni che fecero divergere dal principio stabilito alcuni pochi.
    Appresa la presente teoria della calcinazione sara' in grado il lettore di ripetere le sperienze su cui l'ho io fondata, e d'instituirne ancora delle nuove, e rinvenire fors'anche dei mezzi piu' efficaci e piu' spediti o piu' economici di quelli ch'io propongo per liberarsi dal flagello moscardinico.
    Chi avanti d'intraprendere le riferite ed altre sperienze volesse darsi la pena di comunicarmi in prevenzione le sue idee, siccome non v'ha quasi cimento che non sia stato da me instituito, potrebbe avere anticipatamente tali nozioni da procurargli non poca economia di tempo, di spese e di fatiche e sollecitare cosi' di molto l'acquisto della conoscenza del vero.
 
Tentativi intrapresi dall'Autore ad oggetto di far nascere spontaneo nel filugello il mal del Segno, o Calcinaccio e risultamenti ottenuti nel proposito.
    Considerate fino dall'anno 1807 le grandi stragi che dei filugelli faceva in molti luoghi, segnatamente nei paesi elevati il mal del segno, calcinaccio, moscardino, o cannellino, e letti altronde gli inutili sforzi di parecchi preclari ingegni si' nazionali che stranieri, tanto per poter scoprire la vera fonte del rio morbo, che per trovarne i mezzi sicuri di prevenirlo o di fugarlo, mi venne desiderio d'accingermi io pure a si' difficile intrapresa, onde vedere s'era possibile di poter liberare i coltivatori degli utili insetti da un gravissimo tributo che pagano annualmente all'ignoranza con vero nostro disdoro in un secolo in cui tant'alto salirono le scienze tutte, ma principalmente le naturali. E persuaso che la malattia nascesse spontanea nel filugello, prodotta dal diverso stato atmosferico o dalla diversa qualita' del cibo, o metodo diverso di governo, o meglio dalle varie esalazioni che emanano dalla lettiera in fermento, era d'opinione di poter giugnere a forza di ripetuti sperimenti a svilupparla pure coll'arte.
    Allevai pertanto i bigatti in tutti i modi, sottoponendoli ancora ai piu' barbari trattamenti: perivano i poveri animaletti a mille a mille, ed in mille guise, ma nessuno di loro poteva preservarsi dopo morto dalla corruzione. Tutti i loro cadaveri piu' o meno prestamente infracidivano, e neppur uno pote' mai sfuggire al putrido fermento, ne' indurirsi, e molto meno calcinarsi con efflorescenza. Continuai in tali sperienze dal 1808 sino al 1813, gettando inutilmente e spese e viaggi e fatiche, senza poter mai in nulla riuscire nel mio divisamento, e ben destavami meraviglia che mentre la natura fa sotto i nostri occhi si' grandi stragi dei preziosi animaletti, non fosse permesso all'uomo d'uccidere collo stesso mezzo neppur un solo filugello.
    Fu allora che riflettendo come passando il filugello dallo stato di larva o bruco, a quello di ninfa e da questo a quello di farfalla ossia d'insetto perfetto, depone delle materie liquide e va mano mano perdendo della sua sostanza acqua ed acquistando sempre maggior consistenza, e che tale cambiamento o mutazione di spessore non puo' essere dovuto che agli acidi, alle terre, ed agli alcali in esso esistenti, le quali sostanze combinandosi chimicamente tra di loro, formano dei sali che costituiscono quindi le parti solide dell'animale, mi nacque sospetto che il mal del segno venisse prodotto nel filugello da una proporzione eccessiva di sostanza acida introdottasi o generatasi per qualunque siasi causa nel detto insetto, come si avvisarono gia' altri coltivatori di bachi da seta e rispettivi scrittori, segnatamente il celebre e benemerito nostro Abate, che fece dono al pubblico dei migliori precetti che fornir si potevano ai suoi tempi nella difficil arte di ben governare i preziosi insetti: e considerato che il filugello morto di moscardino s'indura e si conserva contro la corruzione in virtu' di un fosfato che lo consolida nell'interno e lo copre esteriormente di un denso strato di sostanza salina il primo pensiero che mi venne in mente fu quello di sottoporre alle prove l'acido fosforico, come gia' suggeri' agli Accademici di Parigi. Ma essendomi valso di acido fosforico purissimo, tanto introducendolo coll'alimento nel bigatto, che bagnandone il suo corpo su tutta la superficie non ebbi risultati diversi di quelli ch'ottennero i predetti scienziati cioe' nessun indurimento nel cadavere, nessuna fioritura.
    Riusciti vani anche questi tentativi, istituii nuovi sperimenti valendomi di terre e di acido fosforico in pari tempo, e vidi che i cadaveri dei bachi, in cui aveva col cibo introdotte tali sostanze, si preservavano dalla putrefazione o si decomponevano molto piu' lentamente degli altri. Adoperai in seguito nello stesso modo dell' acido fosforico impuro tratto dalle ossa contenente ancora un residuo di calce, e talora lo stesso acido puro unito ad un po' di calce e restai soddisfatto dell'effetto avutone, principalmente rispetto a quei filugelli ai quali 1' applicai esternamente, bagnandoli cioe' piu' volte sino a farli perire. Morti che furono, il loro cadavere si mantenne incorrotto al pari dei bachi spenti dal calcinaccio e quasi si bianco, ma non egualmente duro, sicche' non vi era una perfetta somiglianza tra essi ed i veri calcinati.
    Mi studiai quindi di diminuire in piu' maniere il principio acqueo nel filugello affine di accrescere cosi' nel medesimo la proporzione delle sostanze acide, terrose ed alcaline: ma non potei mai avere con tutti questi processi alcun baco veramente calcinato. Finalmente proseguendo negli sperimenti d'ogni maniera, ottenni dei risultamenti veramente imponenti nel modo seguente.
    Appesi a varie altezze di una canna di un cammino, ove ardeva di continuo il fuoco, dei piccoli sacchetti di carta contenenti cadauno un grosso filugello, vicino alla sua maturanza. Scorsi piu' giorni, e aperti i sacchetti, prima gli esposti a maggior calore, quindi gli altri, ne trovai parecchi di solidi e duri al pari dei calcinati. Feci subire a questi un dato grado di umidita' alla loro superficie, collocando in cantina gli uni e ponendo sotto piccoli bicchieri gli altri, avendo cura di umettare giornalmente la superficie degli ultimi: si coprirono cosi' alcuni di una bianca effiorescenza simile affatto a quella che veste i filugelli moscardinici; e siccome al pari di questi compatti e duri egualmente di questi avevano tutta 1'apparenza di veri bachi calcinati, da me mostrati a molti intelligenti di filugelli, senza nulla dire intorno alla loro provenienza, li giudicarono tutti bachi calcinati, nessuno eccettuato (1).
    Non dubitai piu' allora della spontaneita' della malattia in discorso, e credetti finalmente di aver colpito nel segno, contento di aver conosciuto che il morbo calcinale o moscardinico procedesse realmente da un eccesso di acidita' nel filugello, qualunque poi ne fosse la causa che l'avesse prodotto, quando confrontando i caratteri del mio calcinato con quello operato dalla natura, ebbi a rilevare con mio indecibile dolore che quello mancava del carattere esenziale che qualifica il vero moscardino, anzi dell'unica prerogativa che lo puo' distinguere da quanti altri ve ne possono essere colle apparenze aftatto eguali, della facolta' cioe' contagiosa o appiccaticcia, cioe' di comunicare ad altri individui la stessa malattia, dacche' posti i miei bachi morti induriti ed imbiancati in contatto in piu' maniere con filugelli vivi e sani non mi diedero mai non solo alcun moscardino ossia calcinato, ma non infermarono tampoco mai neppur un bigatto, riuscendo sempre loro affatto inocui, quando invece i bachi calcinati dalla natura, usandone nello stesso modo producevuno sempre e malattia e morte e calcinazione.
    Siffatta scoperta o conoscenza mi getto' nel maggior avvilimento, riguardai la causa produttrice del formidabil calcinaccio coperta da un velo impenetrabile, e disperai in quel momento di poter trarla dalle tenebre e porla al lume del giorno, sembrandomi sepolta nel buio piu' profondo. Sommamente umiliato, tacito e inoperoso piangeva i perduti allori e dolevami altamente dell'avversa sorte che sottoposto mi avesse a tanti studi a tante spese ed a tante fatiche inutilmente. Correva l'anno 1816: oppresso da terribile malinconia, che in piu' modi e per diverse vie mi aveva gia' da molti mesi assalito, ardisco un giorno scuoterne il giogo, e sfidando di nuovo l'avversa fortuna, torno ad interrogare in piu' maniere la natura, con fermo proponimento di non abbandonarla mai, finche' resa mansueta non rispondesse sinceramente alle mie interrogazioni.
    Non essendo riuscito con tanti e diversi processi a poter produrre nel baco da seta la malattia del moscardino, indipendentemente dall'uso del vero baco calcinato, pensai ch'essa non si sviluppasse spontaneamente in quest'insetto, e che avesse bisogno di un germe estraneo, che entrato in esso per di fuori la generasse; e mi proposi di andar in traccia di quest'ente fatale, e di scoprirne la sua natura e le sue abitudini e le vie tutte per le quali s'introduce nelle bigattaje e s' insinua quindi nei filugelli, promuovendone in essi il morbo tremendo; e quello che piu' importa di trovar modo, se fosse possibile, di prevenirne lo sviluppo coll'opporsi all'ingresso del germe contagioso, tanto nelle bigattaje, che nei filugelli, o collo spegnerlo appena entrato, o di arrestare almeno il progredimento del male allorche' sgraziatamente s'e' desso manifestato, ed impedire cosi' il grave danno che il medesimo apporta si' spesso ai coltivatori degli utili insetti, e con essi a tutto lo Stato in generale.
Nota dell'Autore all'Introduzione
(1) L'indurimento e la successiva conservazione dell'estinto filugello, lo si deve in questo caso, io credo, all'azione del principio oleoso volatile ch'esiste nella fuliggine, e scoperto dal sig. Richebach e da esso chiamato creosote.
 
PARTE PRIMA
DELLA TEORIA.
CAPITOLO I.
Del mal del Segno, Calcino, Calcinetto, Calcinaccio, Moscardino o Cannellina.
    Il filugello affetto da questo terribil morbo generalmente parlando, non da' alcun indizio d' essere travagliato da tale infermita', ne' da altro malore: anzi si mostra in buono stato di salute e di vigoria. Da' soltanto segni di patimento, col rallentare ne' suoi movimenti, e cessare di cibarsi, allorche' e' prossimo a morire. Nel resto conserva tutta l'apparenza di salute, il suo color naturale, il suo volume, e muore conservando la sembianza della vita sicche' occorre spesso di toccarlo, volendo assicurarsi della sua estinzione. Alcune volte soltanto diviene rosso poco tempo prima di morire e mostra delle macchie rossastre, livide e giallognole, qua e la' sparse sulla superficie del suo corpo. Questo caso pero' e' raro, ed io non ebbi a vedere tale fenomeno che poche volte nelle numerose partite di bigatti colpite dalla malattia in discorso e da me osservate e nei tanti esperimenti da me istituiti su di questo proposito: esso ha luogo per lo piu' nelle epidemie le piu' violenti.
    Morto l'animaletto dal mal del segno o moscardino, poco dopo il di lui cadavere, da molle, floscio e pregno di sostanza liquida che si presenta dapprima, prende quindi maggior consistenza; gli umori si coagulano, e semprepiu' si consolida e s'indura, sino a divenire secco, frangibile e vitreo. Avanti di progredire il cadavere nella sua compattezza, anzi d'ordinario appena si sono coagulati gli umori ed ha preso 1'estinto individuo un po' di consistenza, il maggior numero di filugelli cosi' morti si arrossano; altri couservano la tinta loro naturale, ed hanvi persino di quelli che assumono un color azzurro carico, giusta le diverse varieta' del principio operatore della morte e del successivo indurimento come vedremo in appresso.
    Tutti poi i bachi periti dal morbo di cui si parla, eccetto il negrone calcinario ossia la mummia spuria di cui diro' in seguito, possono quindi piu' o meno imbiancarsi cioe' coprirsi di una pattina o efflorescenza simile a puri fiocchi di neve, quando non manchi loro l'umidita' necessaria, cio' che faro' conoscere nei seguenti capitoli.
    Essendosi veduti dei bigatti sparsi delle riferite macchie morire, indurirsi e quindi calcinarsi, si chiamo' la malattia di cui perirono, mal del segno; e per la bianca pattina o incrostatura che copre d'ordinario il cadavere degli insetti spenti dal detto malore, si dissero ancora moscardini, zuccherini, o cannellini, attesa la somiglianza che ha l'animaletto calcinato con certi confetti dell'egual forma.
    L'accennata malattia attacca il baco da seta in tutte l'eta' ed in tutti gli stati, anzi finche' vive, dai sette gradi di calore circa sopra lo zero sino ai trenta e piu', termometro di Reaumur. A temperatura piu' elevata cioe' a 38 gradi circa e meglio a maggior calore, il principio generatore del calcino perde la sua efficaccia e la malattia conseguentemente non ha luogo, o non progredisce, s'e' gia' incominciata.
    Il mal del segno o moscardino non e' gia' un effetto dello stato di schiavitu' a cui l'uomo sottopone il filugello: esiste in natura, ed e' si antico forse, com'e' antico lo stesso baco da seta; attacca non solo questo insetto, ma ancora parecchie specie d'altri bruchi e forse anche tutti nello stato di piena loro liberta' in seno della natura (1).
Nota dell'Autore al Capitolo I
(1) Io trovai in aperta campagna sui salici dei bachi della Falena Dispari calcinati, ed altri sotterra della Caruga volgare: ed altri bachi pure calcinati della stessa Falena, non che dell'Atropo e di altri insetti, ebbe a vedere in campagna aperta questo nostro esimio dottore Enrico Morandini direttore dello Spedale civico maggiore. E questi, ed altri bruchi poi si possono calcinare a piacere, se si vuole, tanto in istato di larva che di ninfa e di farfalla.
CAPITOLO II.
Il mal del Segno, Calcinaccio o Moscardino e' una malattia d'indole contagiosa. L'individuo pero' che la soffre non puo' comunicare ad altri lo stesso morbo finche' vive. Diviene contagioso dopo estinto.
    Il principio contagioso si sviluppa nell' insetto vivo e si perfeziona dopo la morte nel di lui cadavere. Ma anche il cadavere dell' animaletto perito di vero moscardino non possede la facolta' attaccaticcia in tutti i tempi ne' in tutte le circostanze.
    Il contagio si comunica col mezzo dell'alimento, coll'innoculazione e col semplice contatto degli insetti spenti dal rio malore e di tutte le cose infette, non che della stessa atmosfera contaminata dai germi morbiferi. Sono questi tanto copiosi in un solo individuo calcinato ossia fiorito, e si' esili che si spargono con somma rapidita' ed in un numero sterminato all'intorno e fortemente si attaccano a tutti i corpi anche i piu' tersi ed i piu' levigati, come sono i vetri, i metalli ec. e si sollevano ben anche nell'aere che rendono parzialmente infetto finche' stanno in esso sospesi.
    La malattia in discorso non e' soltanto propria del filugello, ma si puo' suscitare ancora in altra specie di bruchi e forse in tutte, come gia' dissi, e si trasmette coll'arte in altri insetti, nello stesso modo che si comunica al filugello e produce in loro gli stessi effetti: e ritornandosi da questi il contagio nei bachi da seta, e' sempre identico, sempre eguale a se' medesimo, senza cambiar mai menomamente di natura, ne' di modo di agire (1).
    Non sempre pero' il fatal germe calcinale, benche' s'insinui nell'animaletto e l'uccida, giugne a riprodurre il contagio, e l'individuo invaso e spento non acquista pertanto la facolta' di comunicare ad altri insetti lo stesso malore.
    Di tutto cio' se ne parlera' ampiamente nel capitolo seguente e successivi.
Nota dell'Autore al Capitolo II
(1) Io possiedo parecchie sorta di bruchi da me calcinati, delle Falene Dispari, delle Pavonie, dei Rodilegno, ossia cossus ligni perda, delle Carughe e delle Sfingi diverse ed altre specie d'insetti, ostensibili sempre a tutti coloro che desiderano vederli e dalle quali mummie puo' trarsi il germe o principio con cui produrre, si nel bigatto che in altri bruchi il mal del segno, la morte ed il susseguente calcinamento, senza che il fatal germe perda mai, piu' e piu' volte rigenerandosi, berche' in animali di diversa specie la primitiva di lui virtu' contagiosa, ne' scemi, in pari condizioni, di vigoria.
    Si infermano coll'arte i bruchi del mal del segno toccandoli soltanto colla punta di un ago o altrimenti, dopo attinto il principio contagio, o da altri animali calcinati o da corpi da essi infetti, o toccando la sostanza di cui si cibano, oppure inoculando la loro materia morbifera, cio' che si eseguisce pungendo, ossia passando con una spilla la loro cute, qualunque sia il loro stato, si di larva che di ninfa o di farfalla.
    Comunicandosi il contagio calcinale in tutte le accennate tre maniere, per innesto cioe', per contatto e coll'alimento contemporaneamente a piu' individui nelle stesse circostanze, d'ordinario i primi a morire sono gli inoculati, quindi i tocchi puramente, e per ultimo gli ammalati col mezzo del nutrimento.
CAPITOLO III.
Il mal del Segno o Calcinaccio non nasce mai spontaneo nel filugello, e cosi' dicasi di altri insetti sottoposti allo stesso malore.
    Invano si affaticarono tanti uomini insigni di piu' nazioni onde far nascere spontaneamente nel baco da seta il calcinaccio o moscardino: ed io pure feci sempre inutilmente allo stesso fine tutti i possibili sperimenti, come ho riferito. Usai molti metodi diversi di governo, sottoposi gli insetti ai piu' crudeli trattamenti e feci uso di parecchie sorta di veleni, minerali, vegetali, ed animali, mi valsi ora di sostanze semplici, ora di composte, irritanti, corrosive e caustiche; di acidi e di alcali, di terre e di metalli e delle piu' nocivi materie insomma fatali all'organismo animale, si' nello stato solido che liquido o aeriforme; ma tutto riusci' inutile al mio divisamento. Non vi ha chimica composizione ne' alcun prodotto della pervertita economia animale che possa generare nel baco da seta o in altri bruchi il terribile moscardino.
    In una lunghissima serie d'anni dal 1808 sino a quest'epoca, io ebbi ad osservare un numero grandissimo di bigattaje colpite dal crudel calcinaccio e rilevai quasi dappertutto che il rio morbo comincio' da pochi individui nello stesso anno o nell'antecedente e ando' via via crescendo sino a divenire grandissimo.
    In alcuni luoghi la malattia aveva vestito tutto ad un tratto la forma epidemica, si' che sembrava che nata fosse veramente spontanea: ma ben esaminate tutte le circostanze e appurate le cose, riconobbi quasi sempre che il male proveniva da contagio, da infezione cioe' delle uova o dall'uso di tavole o di altri effetti contaminati o per comunicazioni avute in uno o nell' altro modo con persone o robe infette o con vicine bigattiere ammorbate.
    Presso altri coltivatori viddi talora che la malattia pareva essersi diffusa rapidamente, uccidendo in breve tempo moltissimi bigatti d'eta' inoltrata. Spiatone pero' accuratamente l'antecedente andamento dell'educazione, ebbi a rilevare che il moscardino esisteva gia' in ristretto sino dalle prime eta' dei filugelli, e che per la picciolezza loro o per lo scarso numero dei calcinati aveva potuto sin allora rimanere nascoso a tutti quelli che non vi posero la piu' scrupolosa attenzione.
    Finalmente mi avvenne d'osservare che mentre perivano in gran copia i bachi in una stanza, uccisi dal formidabil malore, nessuno o ben pochi ne morivano in un'altra vicina, eguale essendo il metodo di governo, eguale l'alimento ed ogni altra circostanza pur eguale: e cio' per niun'altra cagione, se non perche' niun germe calcinale o ben pochi esistevano in una stanza ed in numero invece grandissimo si trovavano in un'altra. Il mal del segno o morbo moscardinico non nasce dunque mai spontaneamente. Tornero' su di questo argomento nell'ultimo capitolo della prima parte di questo trattato.
CAPITOLO IV.
Il Calcino o mal del Segno deriva sempre da un ente esterno, che introdotto nell'animaletto produce la malattia, la morte ed il susseguente indurimento e l'efflorescenza del cadavere.
    Abbiamo veduto che nessun prodotto del corpo vivo ossia della pervertita economia animale, nessuna sostanza semplice o composta, si' del regno minerale che del vegetale e' capace di generare la riferita infermita'. Il solo essere che prendo a descrivere ha la potenza di produrre un tal effetto. Quest' essere omicida e' organico, vivente e vegetabile. E' una pianta del genere delle crittogame, un fungo parassito (1). Non si pasce che di sostanza animale, vegeta e propaga nei soli bruchi e non si schiude, ossia non assume i primi movimenti di sua vita attiva che nell'insetto vivo, non mai nel morto, come esporro' ampiamente in seguito in questa mia produzione. Ed e' veramente singolare che mentre ha bisogno della vita dell'individuo invaso per isvilupparsi e crescere e rendersi quindi atto alla rigenerazione, non produce i suoi frutti o semi o almeno non li matura o non li feconda, se non dopo estinto l'animaletto, che l'ha ricevuto e alimentato.
    Laonde il soggetto che lo contiene non e' contagioso finche' vive, atteso che manca di germi o semi riprodotti o di semi almeno fecondati. Il solo cadavere possede la facolta' attaccaticcia, ma non in tutti i tempi, ne' in tutte le circostanze.
    I semi del fatal fungo entrando nel filugello e cosi' dicasi di altri insetti, germogliano, la pianta si nutre e cresce e crescendo e dilatandosi uccide l' invaso animaletto (2) e quindi produce i suoi frutti o gia' prodotti li matura o perfeziona nel cadavere, nel quale cessata interamente la forza opponente della vita, trova il detto parassito nella materia morta tutto l'alimento necessario al perfetto compimento delle sue funzioni (3).
    Il solo cadavere pertanto che contiene germi simili a quelli che privarono di vita l'animaletto invaso puo' ad altri insetti comunicare lo stesso morbo e condurli allo stesso fine, come vedremo in appresso.
    Spento cosi' il paziente, il di lui corpo molle ed elastico e simile ad una vescica piena d'acqua, poco tempo dopo comincia a prendere un po' di consistenza, i racchiusi umori si coagulano, il cadavere si arrossa (4), si consolida maggiormente, e maggiormente s'indura, ed ove siavi umidita' sufficiente, si veste quindi di una muffa o bianca efflorescenza, simile a pura neve, che altro non e' che una selva di funghi ossia delle riferite pianticine parassite, autrici della morte, dell'indurimento e della susseguente calcinazione o fioritura dell'estinto animaletto.
    Questi vegetabili minutissimi esistenti gia' e sviluppati nell'interno del morto insetto, escono, se possono, alla superficie del cadavere, forandone la cute, e si inalzano tanto piu' rigogliosi sopra del medesimo, quanto minore la resistenza che loro oppone la sovrapposta pelle, e maggiore sino ad un certo punto l'umidita' ed il calore dell'aria ambiente.
    Tutte queste minime pianticelle perdono quindi a poco a poco l'acqua di loro vegetazione ed essicandosi si convertono per la maggior parte in un polviscolo che contiene i semi copiosissimi degli stessi funghi parassiti assieme al rottame dei loro steli: questi semi o germi abbandonando al piu' piccolo movimento dell'aria circostante, il corpo in cui nacquero, si spandono numerosissimi e leggieri su tutti i corpi all'intorno, e sia nell'aere medesimo, che disseminano e contaminano finche' stanno in esso sospesi: e tanto piu' presto ed in maggior copia si diffondono all'intorno, quanto piu' umido fu l'ambiente della bigattiera dapprima, mentre fiorirono le dette pianticine fungose, si' che piu' fitte e vigorose crebbero desse e fruttarono; e quanto piu' secco si rese quindi lo stesso aere interno della stanza d'educamento, si' che e piu' presto e piu' abbondanti si staccarono dal cadavere e si sparsero all'intorno i germi contagiosi, i quali semi o germi morbiferi in qualunque modo s'insinuino in altri individui, cioe' in altri bruchi, cagionano la stessa malattia, la morte, l'indurimento del cadavere e la successiva calcinazione o fioritura in circostanze opportune.
    Se questi germi o semi penetrando nell'insetto si schiudono e si nutrono nel medesimo, ma per difetto proprio, o per quello dell'ente invaso non possono riprodursi o perfezionare almeno i loro parti o successori il loro sviluppo uccide bensi' il paziente, ma in questo caso il di lui cadavere, fatto negrone, non puo' suscitare in altri il mal del segno, per mancanza del principio di cui l'animaletto e' perito, cioe' del germe calcinale, sebbene capace altronde di recare ad altri individui la morte, ma con altra specie di contagio da me detto negronico o gangrenale, di cui pure terro' discorso nella presente scrittura (5).
    Piu' l'aria che circonda l'insetto spento dal calcino e' umida calda e stagnante, piu' le piccole pianticine parassite in esso esistenti crescono fitte, alte e rigogliose alla superficie del di lui cadavere, il quale presto tutto si copre di candidissimi fiori, simili a puri fiocchi di neve, e simili a bianca lanuggine ove si spinga la vegetazione al maggior grado di vigore (6).
    Invece quanto piu' libera e asciutta e fredda e' l'aria che tocca il morto individuo, e piu' povero questo d'umori, tanto meno le dette pianticine crittogame si sviluppano e si elevano sul cadavere e meno ricoprono il corpo dell'estinto insetto. Che se poi l'aria che l'investe e' secchissima o pochissimo il liquido in esso contenuto, e piu' se esistono amendue queste circostanze, allora i detti funghi parassiti non imbiancano la superficie del cadavere e talvolta non giungono tampoco a forarne la pelle, ove troppo dura sia per sua natura o per eccessiva secchezza (7).
    Il filugello perito di vero calcino che non s'imbianca, ossia la mummia legittima che non fiorisce per soverchia poverta' d'umore o per eccessiva secchezza dell' aria circostante, o per ambo queste cagioni insieme unite, non e' priva per questo della virtu' appiccaticcia. La possede sempre nell'interno, se non la perde per cause estrinsiche, ed e' pressocche' sempre contagiosa anche al di fuori, atteso che il fatal fungo parassita genera e matura i suoi semi ancora nelle parti interiori dell'individuo contenente, quantunque per le dette cause, non possa imbiancare il cadavere, elevandosi sulla di lui superficie o tampoco forarne l'indurita cute. In quest'ultimo caso solo, l'estinto animaletto non e' contagioso alla superficie del suo corpo, sebbene lo sia internamente per mancanza al di fuori di germi morbiferi. I semi pero' che si formano e maturano nell'interno del morto individuo sono meno virulenti e di una vita meno tenace, e piu' breve di quelli che si perfezionano al di fuori, cioe' nelle parti esterne per opera di genitori robusti e bene costituiti. La sola differenza che offre la mummia non fiorita in confronto della imbiancata, e' quella, oltre a contenere, come gia' dissi, germi meno attivi e meno duraturi, contamina ben poco o niente i diversi corpi e l'aere all'intorno, per la ragione che i nuovi semi calcinali riprodotti o non esistono alla sua superficie o esistono in poca copia o vi esistono assai aderenti, come quelli che sono meno maturi e meno sviluppati in seno alle pianticine loro madri.
    I germi o semi contagiosi vengono forniti dalla materia esantematica ossia dalla bianca efflorescenza che appare sull'animale perito di moscardino e quindi consolidato, la qual sostanza e' la stessa pianta parassita nel maggior suo sviluppo, portante i semi proprj generatori del micidial malore e del susseguente calcinamento. I medesimi semi o germi vengono somministrati anche dai punti oscuri ossia non imbiancati del cadavere quando i sottostanti piccoli funghi parassiti abbiano bucata la sovraposta cute, sebbene non appaja su questi esantema o fioritura alcuna, osservato almeno il morto insetto ad occhio nudo; ma non sono che pochi e sempre meno attivi, come gia' dissi degli altri e di piu' sollecita e di facile estinzione. Ne possono essere forniti anche dalle parti interne dell'estinto individuo, ma non si attingono questi che dall'arte (8).
    Il filugello benche' perito di vero moscardino non comunica ad altri la stessa malattia in tutti i tempi, ne' in tutte le condizioni. Non la trasmette d'ordinario appena e' morto talora neppur per innesto immergendo l'ago ben anco nell'interno del cadavere; ne' e' contagioso talvolta neppur per semplice contatto, atteso che non ha ancora semi o germi appiccaticci alla superficie del suo corpo, o se ne ha non sono per anco maturi, o sono rari in modo, che difficilmente col mettersi in contatto con altri esseri sopra alcuni punti soltanto, si ponno cogliere ossia toccare essi germi morbiferi. Non lo e' poi internamente per la stessa ragione di non esservi ancora semi formati o per essere questi ancora infecondi, o sebbene maturi, tuttavia si' pochi da non poter essere colti che difficilmente dalla punta dell'ago feritore. Per la qual cosa tanto il puro contatto alla superficie del cadavere, che l'inoculazione eseguita colla materia tolta, come sopra per di dentro, riesce per lo piu' di niun nocumento alla dett'epoca (9).
    Talvolta i germi che si toccano al di fuori alla superficie del corpo spento o nell'interno del medesimo colla punta dell'ago come sopra, non essendo ancora si' perfetti da poter, insinuati in esseri vivi, rigenerarsi, ma capaci pero' di schiudersi e nodrirsi, danno il negrone calcinale ossia la mummia spuria.
    Fiorito poi o non fiorito, il cadavere calcinale non e' atto a comunicare il moscardino tutte le volte che per una causa o agente qualunque siasi in esso spento il contagio, ossia reso impotente il germe morbifero a schiudersi perche' estinto o indebolito a segno, che sebbene non trovasi in esso affatto spenta la vita latente, non e' pero' piu' in grado di divenire attivo (10).
    Come non e' contagioso talora il cadavere o mummia non fiorita alla sua superficie, allorche' la cute del morto animaletto e' si dura per circostanze particolari, come avviene talora nelle ninfe, che l'interne pianticelle parassite, non potendo forarla, non possono pertanto recare i loro semi alla superficie del corpo del morto animaletto.
    Il contagio moscardinico, ossia il seme del fatal fungo in discorso si spegne piu' presto e piu' facilmente nel corpo o aderente al corpo dell'individuo in cui fu prodotto, che separato dal medesimo, atteso che il lento fermento dissolutivo che si suscita e prosegue, benche' insensibilmente, anche nella vera mummia calcinale, anticipa l'indebolimento e l'estinzione del germe morbifero: e si conserva attivo maggior tempo lo stesso contagio nella parte imbianchita del cadavere, ove si trovano piu' copiosi e piu' maturi i semi appiccaticci, che nella parte oscura; e mentre quivi e nell'interno del perito insetto non esiste piu' contagione, la si trova ancora sugli steli o filamenti della pianta micidiale, elevati sul corpo morto da una vegetazione resa rigogliosa da circostanze favorevoli: la qual cosa comprova pure l'esistenza del germe morbifero nella detta pianta o produzione organica, anzi che nella sostanza animale, dell'estinto insetto, come potrebbe taluno supporre, del che trattero' in fine della presente teoria al Capitolo VIII.
    Se si scuote sopra l'acqua un cadavere imbianchito ed essiccato, il seme o polviscolo moscardinico che cade sul liquido, rimane sempre alla sua superficie, tant'e' leggiero, senza mai approfondarsi e si mantiene attivo ossia contagioso ancora per qualche mese: e sommerso nell'acqua in alcun modo, si conserva pure inalterato per molti giorni, quando infondendo il cadavere nello stesso liquido, perde in pochissimo tempo, imputridendo, ogni virtu' sua contagiosa calcinale. Nulladimeno se si pone nell'acqua un baco appena morto dal mal del segno, ancor molle, o reso ben anche al quanto consistente, e vi si lascia per molte ore, quantunque lo si estragga talvolta che pute gia' un tantino, pure trovandosi le interne pianticelle parassite nel maggior loro vigore vegetativo, all'epoca massime di loro figliazione, infiorano quindi ancora la superficie del cadavere, malgrado il piccol fetore che talora manifesta, ne annunci diggia' inoltrato il processo di sua putrefazione: ed il toccamento della fioritura ossia delle dette pianticine fungose, comunica ancora il terribile moscardino, come quelle che contengono maturi e tuttavia illesi i loro semi.
    Spandendosi il detto seme o polviscolo calcinale nell'atmosfera, tutti i corpi che s'introducono nello spazio o volume d'aria stato disseminato, possono rimanere contaminati, non esclusa l'acqua ed altri liquidi innocenti e comunicarne l'infezione ai filugelli, e meglio ad essi immediatamente tocchi dall'aere medesimo finche' trovasi ammorbato (11).
    Se la bianca incrostatura o efflorescenza di cui si copre il baco morto di calcinaccio, e' dovuto allo sviluppo del detto fungo parassito, la coagulazione degli umori, l'indurimento e la trasformazione in mummia del medesimo, e' pure un effetto in origine della vegetazione della stessa pianta crittogama. Seguita la morte dell'individuo infermo di moscardino, si manifesta nel cadavere una sostanza acida, la quale va poi mano mano scemando e sparendo del tutto col successivo indurirsi ed essiccarsi del cadavere. Quest'acido che deve essere il fosforico pare che si generi o sprigioni se non totalmente per la maggior parte, almeno all'epoca della formazione dei semi del detto fungo parassito o della loro fecondazione. Ma qualunque sia l'epoca della genesi di tal materia o il modo con cui si forma o si sprigiona, e' certo che essa e' un prodotto dello stesso ente che genera il mal del segno, dacche' non esiste in altri filugelli morti di altre specie di malattie, o per qualsiasi altra cagione: com'e' certo egualmente che quest'acido e' causa dell'indurimento e della conservazione dell'estinto insetto. Entrando in combinazione colle terre e cogli alcali esistenti nel cadavere, costituisce dei sali ossia fosfati, i quali sia che formino parte dei materiali immediati del detto vegetabile parassito, sia che esistano al di fuori di esso nella residua sostanza animale del perito insetto, concorrono a consolidare il cadavere ed a renderlo incorruttibile, separandone nella loro composizione il principio acqueo, che quindi si evapora, per il che esso cadavere sempreppiu' si ristringe e piu' s'indura (12).
    Vi hanno piu' varieta' del vegetabile o fungo parassito uccisore dei preziosi insetti. Le une riguardano la diversa forza di vegetazione, le altre il diverso colore. N'esiste una i cui semi si schiudono, si nutrono e si riproducono con minore facilita' e piu' lentamente, ed hanno una vita meno tenace e meno lunga di quelli della varieta' comune, ossia della piu' maligna (13). Un'altra se ne trova, che non arrossa mai, ne' altrimenti colora il bigatto colpito dal calcino, ne' vivo, ne' morto sebbene lo copra a suo tempo, ed in circostanze opportune della solita bianca veste, egualmente degli altri filugelli spenti dallo stesso morbo e conservando nel resto tutti gli altri caratteri della vera mummia calcinaria, irrugginendo ben anche l'ago al pari dei cadaveri rossi. Ed altra pur fu vista che tinge in azzurro carico il baco da seta estinto dal mal del segno, invece di arrossirlo, o di lasciarlo del color suo naturale (14).
    L'esistenza attiva di questi germi o semi calcinali, ha pur essa un limite, come lo hanno tutti gli esseri organizzati, al di la' del quale non e' loro permesso d'esercire la virtu' loro attaccaticcia. D'ordinario la loro vita latente e con essa conseguentemente la potenza contagiosa, si spegne prima che compia il biennio della loro nascita ossia dell'eta' loro, di maniera che nella seconda educazione dei filugelli, successiva a quella in cui furono essi germi generati, la loro presenza riesce inocua ai preziosi animaletti. Nei paesi elevati e negli asciutti, oltrepassano pero' alcune volte questo periodo: e negli irrigui o altrimenti umidi non arrivano mai o ben di rado al secondo anno della loro eta', e per lo piu' periscono avanti l'allevamento dei bigatti susseguente a quello in cui ebbero origine, o seppur vivono, si trovano a quell'epoca gia' si' infievoliti, che difficilmente possono d'ordinario rigenerarsi, e producono, introdotti nel filugello, il negrone, invece del baco calcinato, per le ragioni ch'esporro' innanzi, tanto piu' se i germi o semi in discorso appartengono alla varieta' la meno vigorosa. Ben conservati pero' questi germi o semi nel miglior modo loro conveniente, si possono mantenere attivi, ossia contagiosi, pressoche' un intero triennio, come appare da parecchi miei sperimenti (15).
Note dell'Autore al Capitolo IV
(1) I chiarissimi e benemeriti compilatori del celebre Giornale Fisico Chimico signori Professori Configliachi e Brugnatelli furono i primi a manifestare l'ipotesi che il mal del segno sia prodotto nel filugello dallo sviluppo di una specie di fungo, appoggiandola all'odore fungoso che emanano i bachi morti del detto morbo e sebbene abbiano invitati nel detto Giornale gli educatori degli utili insetti a voler intraprendere delle sperienze onde poter rilevare se sussista tale loro supposizione, riguardandola questi forse come un parto di riscaldata immaginazione, la trascurarono, quando invece se si fossero dati la pena di esaminarla, avrebbero potuto di leggieri, sperimentando, conoscere che i valenti uomini non s'erano punto ingannati ed aveano colto realmente nel vero.
(2) Da diverse osservazioni e sperienze da me intraprese, che per non dilungarmi di troppo ommetto di descrivere, pare che le piccole piantine svoltesi dei semi introdotti in qualsiasi maniera nell'insetto, oltre all'incremento loro individuale, si dilatano ancora, ossia ai moltiplicano nell'individuo vivo per cestimento o serpeggiamento, non fruttando poi, o non maturando i frutti o semi gia' formati che dopo seguita la morte del contenente.
(3) Sebbene l'atto vegetativo del fatal parassito continui dopo il di lui sviluppo nell'individuo invaso ad alterarne poco a poco l'organismo, sino a recare il mortal disordine nell'economia animale ed a spegnerne la vita, la maggior sua azione la spiega dopo la morte del povero animaletto contenente, nel qual tempo estinta in questo la potenza vitale, puo' la micidial pianta trarre tutto l'alimento necessario alla completa sua riproduzione, ossia al perfezionamento dei di lei frutti. E' a quest' epoca che succedono i maggiori cambiamenti nella materia animale dell'ucciso insetto, la quale si trasmuta pressoche' tutta in sostanza propria dell'ente uccisore. L'efflorescenza, quella materia bianca che copre il baco calcinato, e' un ammasso, o per meglio dire un'aggregazione delle stesse pianticella parassite, che nel loro incremento si elevano, qnando possono, sulla superficie esteriore dell'animale, nel cui interno ricevettero la loro esistenza.
(4) Non sempre il cadavere si arrossa, come mostrero' piu' oltre.
(5) Essendo opera dell'atto vegetativo o per meglio dire delle facolta' vitali della pianta parassita, la produzione della malattia detta del segno, della morte e del successivo indurimento o conservazione dell'invaso insetto, non puo' divenire la detta pianta contagiosa, ossia non puo' generare in altri animali viventi gli eguali effetti, che mediante la sua riproduzione, cio' che eseguisce, come gia' dissi, per via di semi. Ma perche' abbiano luogo tutti i detti avvenimenti, cioe' la malattia, la morte e lo susseguente calcinazione, non basta che il detto seme o germe del crudel parassito, si rechi sul corpo dell'animaletto; fa d'uopo altresi' ch'entri nel medesimo, ed ivi si sviluppi, cresca e si riproduca. Se s'introduce e non germoglia, o benche' schiuso, non vegeta e non aumenta, per qualunque siasi cagione, la sua presenza riesce inocua all'individuo invaso: e se introdotto e sviluppato, si nutre e cresce, ma non si rigenera, uccide bensi' il bruco che lo contiene, ma non indura, non calcina e non preserva il cadavere dalla corruzione. Per generare la malattia, la morte ed il successivo indurimento e la conversione in vera mummia dello spento animaletto, e' necessario che il fatal germe o seme s'insinui nell'individuo, si pasca, cresca e procrei. Se svolgesi, vegeta, ed aumenta soltanto, ma non si riproduca, o dia soltanto esseri imperfetti, non dotati cioe' della facolta' procreatrice, sia per causa propria, che per quella dell'insetto che lo contiene, il quale gli offre uno scarso o poco opportuno alimento, in tal caso il cadavere dell'estinto individuo, non si consolida, non s'imbianca, non si conserva, e riesce affatto inetto a produrre lo stesso morbo che l'ha ucciso, privo essendo di semi moscardinici, o non contenendone che degli infecondi, ossia mancando di germi forniti della stessa virtu' di quelli che l'infermarono e l'uccisero, cioe' della potenza procreante. Incominciato pero' nel cadavere il putrido fermento, si generano in esso altri germi contagiosi da me detti negronici o gangrenali, che ammazzano irreparabilmente tanto il filugello che altri insetti in essi introdotti e con grande celerita', come vedremo sulla fine di questa mia fatica, nella parte pratica ove parlando del giallume e del negrone naturale, faro' conoscere le differenze che hanvi tra questo ed il negrone, o cadavere color castagno prodotto dallo stesso principio che produce il calcinato o moscardino, il qual puo' chiamarsi negrone calcinario o mummia spuria.
(6) Ora che la riproduzione di questa pianta criptogama, tanto maravigliosa quanto nociva, e' caduta in poter dell'uomo, che non e' piu' di solo diritto esclusivo della natura, si puo' coll'arte renderne la vegetazione si' rigogliosa da distinguere chiaramente ad occhio nudo gli steli o le loro inclinazioni e coll'uso di un microscopio composto, sebbene dei comuni, si scorgono pure le forme e le rispettive diramazioni o filamenti, ove retti ed ove curvi, e spesso incrocicchiati gli uni cogli altri, cio' che esclude il supposto di una cristallizzizione, poiche' sappiamo che le cristallizzazioni danno fili ritti, e non curvi o incrocicchiati.
    Si ha la maggior fioritura, ponendo l'insetto spento dal calcino in luogo umido difeso dall'aria libera. Piu' grande e' l'umidita' ed il calore, e piu' l'aere e' tranquillo, piu' fitto, alto e rigoglioso cresce il fungo in discorso. Il calore e l'umido pero' non dev'essere eccessivo: una temperatura troppo elevata toglie la vita al germe morbifero, ed un'umidita' soverchia promovendo nel cadavere il putrido fermento fa questo perire il seme del vegetale parassito.
    Per ottenere la maggiore possibile elevazione di queste pianticine, fa duopo dividere in mezzo il cadavere del filugello morto del mal del segno, principalmente in istato di ninfa, subito che si cominciano a coagularsi in esso gli umori, e coperto con un picciol vaso, per esempio con un bicchierino da liquore, collocarlo in un sotterraneo o altro sito umido. Quindi servirsi delle mummie in cui meglio sviluppossi il fatal fungo per innestar altre crisalidi e sottoporle al medesimo trattamento. Dei bruchi poi di diversa specie del filugello, uccisi in istato di larva dello stesso fungo, e coperti, come sopra, senza punto dividere il cadavere, offrono talora un'efflorescenza veramente mirabile per la di lei forma singolare.
    Osservato questo vegetabile parassito con il grande microscopio dell'illustre De Amici, che ingrandisce trenta milioni e piu' di volte l'oggetto, si potranno nello stesso vedere tutte le sue piu' minute ramificazioni e forse ancora gli apparati suoi riproduttori.
    Volendosi osservare col microscopio la sostanza in discorso affine di ben comprenderne la sua organizzazione, si deve porre fra i due noti piccoli vetri circolari, in cui si collocano gli oggetti da vedersi, un pezzettino di una ninfa spenta dal calcino e appena consolidata, grosso come una testa circa d'uno spilletto, e mettere cosi' preparata questa materia ancor bagnata del proprio umore in luogo assai umido, perche si infiori ossia si copra delle dette pianticelle parassite.
(7) Il fungo moscardinico ch'entra nell'insetto, in esso si sviluppa e l'uccide, perfeziona quindi i suoi frutti nel cadavere del paziente, esce o non esce alla superficie del corpo dell'estinto individuo, ed uscendo si eleva piu' o meno sopra del medesimo, secondo lo stato igrometico dell'atmosfera che l'investe. S'e' umida, non depaupera l'interno umore del morto animaletto, e conserva altronde molle e tenera la di lui cute, di maniera che l'omicida parassito trae maggior alimento dalla sua vittima e trova minor opposizione nel forarne la pelle e sortire dalla medesima. Ove poi l'aria che circonda il cadavere sia secca, diminuisce il riferito interno liquore e rende piu' compatta la pelle, si' che le fatali pianticine meno vigorose crescono nello spento bruco e difficilmente si aprono strada attraverso l'indurita cute onde inalzarsi su di essa.
    Se un filugello perito di calcino, si in istato di larva che di ninfa, lo si espone subito morto al vento od al sole, od anche soltanto all'aria aperta, avendo cura di voltarlo spesso perche' asciughi da tutti i lati, la secchezza dell'atmosfera che scema l'umore dell'estinto baco, favorisce meno la vegetazione dell'interne pianticelle fungose e rendendo piu' dura la lor pelle, oppone un ostacolo alla loro sortita sulla superficie del cadavere, per la qual cosa questo non s'imbianca o s'infiora. Il contrario risultamento s'ottiene ponendo il filugello all'umido o coprendolo in alcun modo, oppure gettandolo sul fondo di un'ampolla, lasciatane aperta la bocca perche' non imputridisca.
    Se poi si divide in mezzo il bigatto spento, come sopra, principalmente in istato di crisalide, allorche' comincia il cadavere a prendere consistenza ed a consolidarsi, s'imbianca ossia fiorisce in poche ore su le due scoperte parti interne, massime se la temperatura e' molto alta e si ponga in sito umido, o lo si copra in qualche maniera, ovvero il si metta in un vaso di vetro come ho riferito; cio' che non segue che tardi e lentamente lasciando intero l'estinto animaletto, specialmente in istato di ninfa per niun'altra ragione, che per la resistenza che oppone agli interni funghi parassiti la sovrastante cute alla loro elevazione su la medesima nel progredimento loro vegetativo. Tant'e' vero, che quelle specie di bruchi, la durezza della cui pelle non puo' esser vinta dall'incremento dei sotto esistenti funghi parassiti, calcinati questi insetti, contengono bensi' il contagio moscardinico nelle loro parti interne, ma niuno alla superficie del corpo, siccome priva di funghi e' pur priva quivi dei loro semi, ossia dei germi morbiferi. Io comunicai il mal del segno a due bruchi detti cossus ligni perda ossia Rodilegno, in istato di verme o larva: ma la loro dura pelle non permettendo all'interne pianticelle fungose di forarla, non sortirono queste al di fuori che nelle stimmate e sotto il ventre dei morti insetti, ove la cute si trova per sua natura piu' sottile, od aveva potuto altronde conservarsi umida e molle in contatto col sottoposto letto e nei detti canali respiratorj o stimmiti, possedeva la facolta' di suscitare in altri lo stesso morbo. In tutta la parte oscura, ossia non imbianchita, non esisteva punto il contagio. Divenne qua e li', contagiosa sopra alcuni punti solamente allorquando bene essiccate col tempo l'esterne pianticine e da me mosso piu' volte il cadavere, poterono i loro semi escire dai rispettivi ricettacoli e spandendosi intorno disseminare pure alquanto la superficie del corpo dell'estinto animaletto.
    Anche nel filugello morto della malattia di cui si parla in istato di ninfa, le dette piccole pianticelle parassite non giungono spesso in un ambiente secco a forare la membrana coriacia che la veste, principalmente tra l'uno e l'altro segmento anullare, in mezzo al cui spazio la pelle si trova piu' densa o al meno piu' dura. Tocca quivi coll'ago o altrimenti, non si rileva punto contaminante, quantunque alquanto imbianchite si mostrano talora le parti vicine piu' depresse, fin tanto almeno che i funghi esciti in tale localita' al di fuori, tenendo chiusi nei rispettivi bacini i proprj semi, non infettano versandoli il restante della superficie del cadavere. Anzi e' da sapersi che queste crisalidi morte di calcino non s'imbiancano interamente che per dilatazione o cestimento delle pianticine fungose escite nelle dette divisioni anullari, stante appunto la maggior compatezza della cute nei punti di mezzo di tali intervalli, quando bene un'umidita' copiosa non ammollisca di molto anche queste parti piu' dure della cute del morto insetto, come potei rilevare da tante mie esperienze.
    Emessi questi principi si comprendera' di leggieri per quali cagioni il filugello che muore del mal del segno, chiuso nel bozzolo che ha formato, si in istato di larva che in quello di ninfa, ora si trovi aderente al serico tessuto che ha prodotto ed ora rimanga in esso staccato. Allorche' il baco che si chiude nel bozzolo affetto di moscardino perisce in istato di verme, prima di cambiarsi in crisalide, piu' facilmente il cadavere s'attacca alla parete del tessuto su cui poggia e perche' contenendo maggior umore ed avendo l'epidermide molto piu' sottile di quando e' passato allo stato di ninfa, il fatal fungo vegeta con maggior vigore, fora la cute che lo sovrasta e pianta i proprj steli nel tessuto a cui aderisce, e che non di rado ben anche oltre passa. La ninfa che contiene minor liquido e e' vestita altronde di una membrana cartilaginosa, e' meno soggetta percio' a tale avvenimento. Tanto piu' facilmente poi, e maggiormente il filugello che muore, si in istato di bruco che di crisalide, ucciso dal moscardino, s'attacca al suo tessuto, e si copre piu' o meno di bianca veste, quanto piu' umida e' l'aria ambiente e maggiore la proporzione della sostanza acquea che contiene l'estinto insetto chiuso nel suo lavoro.
    Quanto immensa e prodigiosa poi sia la riproduzione del vegetabile parassito autore del mal del segno e di tutti gli altri fenomeni in discorso lo si scorge tagliandosi in sottili pezzi circolari un filugello perito del detto morbo, si in istato di bruco oppure di crisalide, appena ha questo preso lo spessore di una molle pasta, e difendendo i detti pezzi dall'aria libera col collocarli sotto di un bicchiere o di altro vaso. Tali porzioni del riferito cadavere si coprono ben presto onninamente delle note pianticine crittogame, le quali si mostrono si fitte come si vedono sull'intero corpo del baco lasciato cosi' indiviso, malgrado che siasi di tanto accresciuta la superficie. Piu' si estende la superficie del morto insetto, dividendolo longitudinalmente o trasversalmente in sottili dischi, piu' si rendono numerose le pianticine parassite, in maniera di produrne molti milioni in un solo individuo. Ma quanto piu' il novero dei funghi si accresce, coll'accrescere o ampliare maggiormente la superficie del cadavere, ossia della materia morta, ricevendo dessi tanto meno d'alimento, si elevano e si diramano meno sul loro campo, non altrimenti di quello succeda gli altri vegetabili, che tanto meno crescono, quanto minor nutrimento traggono dal terreno su cui vivono.
    Queste ed altre osservazioni, dimostrano chiaramente che i funghi di cui si coprono i cadaveri dei filugelli estinti dal morbo moscardinico, sorgono e si svolgono dallo stesso corpo morto, ove ebbero l'esistenza da esseri simili introdotti nel baco vivo, ossia da semi di funghi eguali, e non provengono gia', come altri potrebbe credere, dalle sementi di piante crittogame o muffe sparse nell'aria ambiente, poiche' e' provato da molte mie sperienze che un filugello estinto, il quale si preservi in alcun modo dalla corruzione e si trovi anzi si consistente e si compatto, come sono presso a poco i bachi calcinati, posto nelle stesse favorevoli circostanze in cui si copre della detta fioritura il filugello morto dal mal del segno, si imbianca spesso questo ancora per opera egualmente della vegetazione merce' semi attinti dall'aria circostante, o gia' esistenti nel corpo del morto animale: ma queste muffe che appartengono a tutt'altra specie di piante crittogame di quella che produce e costituisce nel filugello vivente il mal del segno e che l'uccide immancabilmente, se l'arte non soccorre a tempo la vita, queste pianticine quantunque in apparenza similissime a quelle che generano il rio malore non vegetano e non si riproducono che sulla materia morta e non mai sulla viva, non comunicano mai il morbo moscardinico in qualunque maniera s'insinuino nel bigatto, ben anche coll'innesto, ne' mai anzi non alterano tampoco la di lui salute; quando l'altra specie cioe' la calcinaria non si sviluppa invece non cresce e non fruttifica se non introdotta nell'animate vivente, e i di lui semi non si schiudono che nelle parti interne dell'aggresso individuo, non mai alla superficie del di lui corpo, ne' mai e poi mai, come gia' si disse, dentro o sopra la materia morta. Su di questa conservano la loro vita latente per un dato tempo nella stessa maniera che la conservano sui diversi corpi inorganici, e sopra gli organizzati pure, allorche' non sono in attualita' di putrido fermento.
(8) Che esista nella parte intestina del filugello calcinato una materia simile a quella che l'imbianca nella parte sua esteriore, ce lo mostra la facolta' contagio che serba il cadavere eziandio nel suo interno, poiohe' levatasi con un rasojo tutta la superiore incrostatura del baco fiorito, portando il ferro sino sopra la parte sua oscura ed indi passato l'estinto insetto piu' volte sulla fiamma affine di spegnere ogni residuo di esterna sostanza morbifera, e diviso dappoi in mezzo pel lungo oppure trasversalmente, si trova che possede ancora la virtu' appicaticcia nelle parti pure le piu' centrali, tanto usandone per contatto che per innesto. Non devesi pero' differire l'esperimento molti mesi dopo seguita la morte dell'animaletto, atteso che lasciandosi di troppo invecchiare il cadavere, accade che mentre esiste tuttora attivo il contagio alla superficie del corpo dell'estinto bruco, trovasi gia' spento nel suo interno.
    Una materia interna poi simile a quella che infiora la parte esterna dell'insetto morto di moscardino la si scorge ad occhio nudo nelle ninfe delle Falene Dispari, le quali sebbene dure e brune esternamente, si vedono pero' bianche e calcinate nell'interno, dividendole.
(9) Che i germi calcinali si riproducono o almeno si perfezionino nell'animaletto invaso dopo la morte del paziente, lo comprova fra le diverse osservazioni ancor meglio la seguente.
    Innestandosi un filugello in istato di larva oppure di ninfa, coll'umore di un altro filugello appena morto dal mal del segno, nell'uno o nell'altro stato, cioe' di bruco o di crisalide, la puntura riesce inocua, o produce talora il negrone, e rare volte la calcinazione; perche' nel primo caso, la punta dell'ago non colse alcun germe, o germe soltanto immaturo, nel secondo tocco' germi non per anco bene fecondati, i quali danno il negrone, al pari dei molto indeboliti o degenerati, che uccidono l'individuo in cui si introducono, ma nol calcinano, e nel terzo caso solo venne l'ago in contatto con germi perfetti, capaci di produrre, come hanno prodotto, l'indurimento e la calcinazione.
    Se collo stesso umore, invece di valersene pel puro innesto, si bagna collo stesso tutto il corpo di un baco o di una ninfa, si ottiene quasi sempre cadaveri calcinati; per la ragione, che in questa quantita' assai grande di materia, si trovano dei germi o semi gia' formati e fecondati, cio' che non puo' accadere che difficilmente nel piccolissimo quantitativo di liquido, che viene toccato dalla punta dell'ago innestatore, immergendolo nel cadavere, in tempo che i detti germi si formano o si perfezionano.
(10) In quanti modi e con quali e quante sostanze si spegnano o si rendano inocui i germi moscardinici, lo vedremo nella seconda parte del presente trattato.
(11) Se si pone in un vaso di vetro od altro, per esempio in un'ampolla della polvere calcinaria, e vi si introduce, dopo d'aver agitato il recipiente uno spilletto, senza punto toccarne le pareti, ferito quindi con questo un filugello o altro bruco, si' in istato di verme che di crisalide, si comunica al medesimo il terribil morbo moscardinico come se si fosse col detto spillo toccato un filugello o altro bruco calcinato. Lasciato quindi per qualche tempo in quiete il vaso senza toccarlo ed eseguendosi dappoi la stessa operazione, l'animaletto che si ferisce col nuovo ago, ben lungi dal morire o salificarsi, non si ammala, ne' da tampoco indizio alcuno di patimento, per la ragione che il detto polviscolo, sebbene leggierissimo, e' sempre piu' pesante dell'atmosfera, e percio' col tranquillarsi dell'aria nell'ampolla, discende nuovamente al fondo del vaso e lascia cosi' incontaminato l'aere come dapprima, ed inetto pertanto a fornire il germe produttore del mal del segno.
(12) Conficcandosi un ago d'acciajo in un filugello ucciso dal mal del segno o moscardino, si' in istato di larva che di ninfa, che sia pero' ancor molle, in pochi minuti irrugginisce fortemente l'introdotta spilla, mentre nessun irrugginimento s'ottiene anche da altri bachi da seta ancor viventi, benche' affetti dal detto malore, ne' da altri mai periti per tutt' altra causa che per effetto del morbo in discorso.
    I soli filugelli in istato di ninfa si' vivi che morti, possono irrugginire l'ago ma ben poco o almeno non tanto intensamente e non in cosi' breve tempo. Altronde in questi l'irrugginimento della spilla, qualunque siasi, dev'essere prodotto dall'acido bombico, proprio della crisalide e non dal fosforico. Quest'acido nei detti animaletti estinti dal mal del segno, e' sensibilissimo dopo la morte dell'insetto ordinariamente finche' il cadavere conserva un certo grado di mollezza, ma unendosi quindi il detto acido ad altre sostanze, ossia formando dei composti, cessa gradatamente coll'indurirsi ed essiccarsi dell'individuo estinto di dar segni all'ago della sua libera presenza.
    E' da notarsi che non tutti i filugelli che vengono uccisi dal germe calcinale irrugginiscono l'ago. Non l'irrugginiscono che quelli contenenti l'acido fosforico, necessario a salificarli e preservarli dalla decomposizione, che sono poi quei medesimi che possedono la facolta' contagiosa, siccome forniti dei rispettivi germi o semi riprodotti e perfezionati, la qual cosa fa supporre che la genesi dell'acido fosforico succede per opera della fruttificazione o della fecondazione dei semi del fungo parassito invasore, atteso che quei filugelli, che periscono bensi' colpiti dal mal del segno, ma che non ebbero a riprodursi in essi i germi moscardinici o non rimasero almeno fecondati si che il loro cadavere diviene negrone e si corrompe ed e' privo della virtu' calcinante, questi individui non sono capaci d'irrugginire l'ago, come non sono neppur idonei ad ammalare altri insetti dello stesso morbo da cui furono loro stessi uccisi. Se ne trovano pero' talora alcuni fra questi, che quantunque negroni e corruttibili e privi della facolta' appiccaticcia calcinale o moscardinica, irrugginiscono nulladimeno la spilla al pari quasi dei bachi veri calcinati: e questi credo che siano quelli in cui l'acido fosforico essendo gia' formato o sprigionato e venendo quindi impedita per qualche causa la salificazione del morto animaletto, il detto acido che si trova libero, irrugginisce piu' o meno l'ago finche' inoltrandosi la putrefazione del cadavere non lo decompone interamente e le fatte osservazioni, che tali cadaveri sono piu' consistenti e infracidiscono molto piu' tardi degli altri negroni, rendono ancor piu' verosimile una tale supposizione.
    Che l'acido fosforico sia, se non il solo, il principale agente almeno conservatore del filugello o altro bruco morto dal calcino, lo si vede bagnando piu' volte un baco vivo con acido fosforico impuro tratto dalle ossa, oppure combinato con un po' di calce o un po' di magnesia, il quale presto muore e si conserva al pari degli altri insetti spenti dal moscardino.
    Quale sia poi veramente la sostanza acida di cui si e' parlato di sopra, si potra' di leggieri rilevare analizzando la ruggine tratta dagli aghi infissi in gran copia sopra filugelli periti del mal del segno.
(13) E' bene saper distinguere l'una dall'altra queste due varieta', atteso che per ispegnere i semi della prima si esigono agenti meno potenti di quello che si richieda per estinguere i semi della seconda. Onde conoscere se il fungo parassito da cui sono invasi i filugelli che si vedono perire appartenga all'una o all'altra varieta' di moscardino, si innestano delle ninfe e quando alla temperatura non minore di 15 gradi muojono in circa tre giorni e sempre prima che compia il quarto dopo l'innesto, il vegetabile omicida appartiene alla varieta' la piu' vigorosa. Se invece il contagio inoculato impiega ad ucciderle cinque e piu' giorni, e sempre piu' di quattro, ad un grado di calore ben anche maggiore, i germi di quel parassito sono della varieta' meno attiva. Fa duopo pero' valersi, innestando di germi non infievoliti dal tempo o altrimenti, diversamente anche i semi della varieta' la piu' potente impiegano talora sin otto e piu' giorni a togliere la vita all'individuo in cui furono introdotti: ma quando sia questo opportuno a ben nutrirli, i nuovi germi in esso generati possedono la primiera loro virulenza naturale ossia la forza propria della varieta' a cui appartengono. I germi piu' opportuni in questa sorta di sperimenti sono i nati nell'andante educamento: possono servire anche quelli dell'anno antecedente ove siano stati ben conservati.
(14) Io possedo gia' da molti anni la detta varieta' che non arrossa, la quale passata piu' volte per parecchie specie di bruchi e piu' volte restituita al filugello, non subi' mai alterazione o cambiamento di sorta alcuna.
    L'azzurra non fu da me veduta, ma ebbe ad osservarla un mio amico fra i di lui bachi colpiti dal calcino, e duolmi che non m'abbia avvertito in tempo di poter avere qualche baco di quelli si' coloriti onde conservare una varieta' cosi' singolare fra quelle del fungo parassito in discorso.
(15) Da tanti sperimenti da me intrapresi ad oggetto di conoscere la durata del contagio calcinale rilevai che le fatali pianticelle parassite che conservano piu' a lungo vivi i loro semi, sino a toccare quasi il triennio dell'eta' loro, sono quelle che crescono col maggior vigore di vegetazione sui cadaveri posti recenti al maggior grado di umidita' che ponno soffrire, senza putrefarsi, e conservate quindi giunte al maggior loro incremento in luogo asciutto e diffese dal contatto rinnovato dell'aria piu' ch'e' possibile, non pero' in vasi chiusi. Le pianticine fungose si ergono cosi' rigogliosissime a guisa di bambagia o lanuggine alla superficie del corpo del morto animaletto, e si conservano sempre flessibili, senza divenir mai pulverulenti, benche' secche, e tenendo sempre pure serrati o fermi i semi nei loro bacini o ricettacoli.
    Se questi funghi pero' dopo d'essersi ben formati e divenuti assai vegeti col favore di un aere molto carico di vapori acquei, come dissi, si lasciano ancora per molto tempo in mezzo a tale umidita' eccessiva, attaccati al cadavere dell'animaletto, nel quale nacquero e crebbero, promuovendosi a poco a poco in tale situazione nella sottoposta sostanza animale il putrido fermento, i sovrapposti semi del mortal parassito, partecipando di questo intestino movimento, si alterano e periscono e danno ora coll'innesto bachi non piu' calcinati, bianchi e duraturi, ma bachi negroni e corruttivi, come danno i calcinati lasciati in effusione per molte ore nell' acqua, colla sola differenza che i cadaveri provenienti dalla detta inoculazione si ammolliscono e putono assai piu' di questi.
    Parlandosi poi delle mummie fiorite ossia imbiancate in generale, se i germi o semi calcicnali si chiudono in vasi aderenti ancora al morto insetto in cui ebbero l'esistenza, questo imputridendo, sebbene lentamente, toglie la vita agli stessi germi; e staccati ben anche dal corpo dell'estinto individuo nel noto polviscolo, se si tengono troppo chiusi e per troppo lungo tempo, periscono egualmente. Vogliono essere diffesi dall'aria atmosferica, di frequente rinnovata, ma non vivono gran tempo allorche' se ne impedisce del tutto e pressoche' tutto onninamente il rinnovellamento in modo, che tenuta chiusa la detta polvere contenente i riferiti semi per un anno e piu' in molte scattole, le une dentro le altre, ponendo il contagio in una piu' piccola e questa in altra un po' piu' grande e cosi' una in un'altra, sino al numero di sette od otto e piu', il germe morbifero presto si spegne, quando all'incontro si conserva lungamente chiuso in una sola scatola.
  CAPITOLO V.
Per quali vie il fatal germe Calcinale o Moscardinico si introduce nella bigattiera e nei filugelli e come si moltiplichi in essi e si diffonda quindi immensamente all'intorno.
    Tutti i corpi organici ed inorganici, vivi e morti, compresa l'acqua e l'aria, sono conduttori del contagio moscardinico, eccetto soltanto quelli che lo estinguono immediatamente al loro toccamento.
    Allorche' in un locale d'educazione di filugelli si manifesta il terribile calcinaccio, facilmente il rio morbo passa e si diffonde da una stanza all' altra attigua, e da una bigattiera di un proprietario a quella del vicino, tantopiu' se diviene epidemico, e cosi' successivamente da casa in casa, sino ad infettare tutto o pressoche' tutto un paese, per quindi diffondersi ed attaccare un altro piu' o meno lontano per le tante e diverse relazioni e comunicazioni d'ogni maniera non che pel movimento della stessa atmosfera, che reca sull'ali del vento il fatal polviscolo ammorbatore, ossia il micidial seme calcinale, e per mezzo pure di parecchie bestie, dei cani, dei gatti, dei topi, e perfino delle mosche, le quali poggiandosi sopra bachi morti dal mal del segno e portanti i semi moscardinici, o sopra altri corpi da questi contaminati e quindi trasferendosi in altri luoghi, depongono cola', sulle diverse cose che toccano, e talora anche immediatamente sugli stessi filugelli i germi fatali ad esse aderenti, disseminando in tal modo qua e la' il principio generante il rio morbo sterminatore (1).
    Uno dei modi coi quali si diffonde e si moltiplica senza che il coltivatore se ne avveda, tra i proprj filugelli il mal del segno, e' quello della contaminazione dell'alimento. Toccando gli inservienti nelle stanze d'educazione alcuno dei bachi calcinati, principalmente se gia' fioriti, o altri filugelli o corpi da quelli tocchi, s'imbrattano cosi' le mani d'una materia contagiosissima e divisibile all'infinito, la quale sparsa sopra la foglia che viene dai medesimi colta o tagliata o soltanto distribuita ai bigatti, condannano alla morte tutti i filugelli che si cibano di tale alimento infetto o si pongono in contatto solamente con alcuno dei punti della foglia stati come sopra ammorbati.
    Le persone che sotto il nome di bigattieri vanno qua e la' offrendosi quali esperti educatori di filugelli e quindi in altri luoghi questi utili insetti coltivando portano spesso intorno il seminio del fatal moscardino, conservandone i germi nelle loro vesti, e ne' pochi arnesi che recano seco e talor anche nella semente di bachi che distribuiscono, specialmente quelli che vengono da luoghi asciutti ed elevati, ove suole d'ordinario piu' che altrove dominare la micidial malattia calcinale.
    I filatori o per meglio dire i trattori di seta, se educatori anch'essi di filugelli, sono piu' esposti degli altri coltivatori al pericolo di venir danneggiati dal terribile morbo in discorso, principalmente se il locale d'educazione dei preziosi animaletti si trova attiguo o propinquo alla filanda o fabbricato nel quale si trae dai bozzoli il prezioso filo, acquistando questi piu' o meno tutti gli anni dei bozzoli che contengono bachi calcinati o provenienti essi bozzoli da partite o da locali in cui regno' il mal del segno, e trovandosi pertanto aspersi o disseminati dai rispettivi semi morbiferi nella parte loro esterna, o perche' stati in contatto con filugelli calcinati o con persone o robe infette, o perche' i bozzoli contenenti la larva o la ninfa calcinata e aderente allo stesso serico tessuto, lasciano sortire da questo, se non sempre, moltissime volte almeno sino sopra ha superficie loro esterna la bianca fioritura o per parlar meglio gli steli o diramazioni del fatal fungo parassito; questi bozzoli ammorbano cio' che toccano e recipienti e tavole e persone ed altre robe, le quali cose o persone poi venendo in contatto coi bigatti o con effetti servienti alla loro educazione comunicano agli stessi animaletti il principio produttore del formidabil morbo e con esso per lo piu' la morte ed il susseguente calcinamento (2).
    Anco le uova possono condurre il contagio in discorso e divenire anzi i conduttori i piu' dannosi, atteso che se infette o disseminate, e assai, dai semi morbiferi, possono infermare un gran numero di bachi da esse appena usciti e rendere per tal modo piu' estesa e piu' intensa la contaminazione delle persone, delle suppellettili e dei locali a maggior pericolo e nocumento dei filugelli nati e nascituri (3).
    La malattia del calcino non essendo ereditaria, ne' potendo esser tale per sua natura, il filugello finche' sta' chiuso in istato d'embrione nell'uovo, non puo' mai trovarsi affetto di moscardino; ma appena sbucciati i piccioli animaletti dal rispettivo loro uovo, toccando la superficie esterna infetta del guscio ossia della membrana dello stesso uovo che li conteneva, s'imbrattano dei semi o germi del mortal fungo, e ponendosi tosto in contatto coi loro fratelli riuniti in piccolo spazio, ammorbano pur quelli che non lo furono di anzi, e cosi' divenendo assai numerosi i malati di moscardino, e questi estinti altri infermando, nell'eta' successive con gran seminio dei micidiali germi contagiosi da essi rigenerati, e quelli e questi, altri bachi piu' provetti ancora ammalando, ed i semi contagiosi ancor piu' moltiplicandosi e spargendosi all'intorno, spingono ben presto l'epidemia al sommo grado di ferocia e di esterminio, e l'intera bigattiera si converte ben presto in un puro sepolcro.
    Siffatta catastrofe priva il coltivatore dell'intero ricolto della seta, e spande nelle stanze di coltivazione, sulle pareti, sulla volta, sul pavimento, e su tutti gli effetti o corpi in esse esistenti la piu' estesa e la piu' intensa infezione, la quale sottopone allo stesso tristo avvenimento i bachi delle successive coltivazioni, ove il caso fortuito o l'arte nol prevenga o nol diminuisca almeno grandemente. Colpiti i poveri animaletti dal mal del segno appena nati per l'infezione della semente, quand'anche sieno pochi i primi malati, avendo dessi tempo, riproducendo in loro i fatali germi, d'infermare altri, e questi altri ancora, ed i nuovi invasi, d'infermar pur altri, prima che si chiudano nel bozzolo ed i semi mortali del fatal fungo divenendo mano mano piu' numerosi possono cosi' uccidere tutti o pressocche' tutti i poveri animaletti, come vedesi avvenire diffatti in tali emergenti. Ma siano rese grazie alla sorte che indico' il mezzo sicuro di evitare facilmente tanto danno (4).
Note dell'Autore al Capitolo V
(1) Le mosche possono essere portatrici di molte specie di contagi per non dire di tutti; ma principalmente del calcinale, che si mantiene aderente anche ai corpi piu' tersi, e che volatile di sua natura e divisibilissimo e moltiplicabile all'infinito puo' venire facilmente preso dalle mosche su qualunque corpo poggino in una bigattaja infetta di moscardino.
(2) La seta che si trae dai bozzoli, e' dessa pure talvolta conduttrice del contagio calcinale, non perche' mantenga ancora i germi pestiferi di cui potevano essere aspersi i bozzoli che la fornirono, i quali posti nell'acqua caldissima pel loro depanamento, il contagio si spense; ma si bene per quelli di cui puo' essere stata disseminata, in seguito ridotta in fasci per la contaminazione delle stanze o degli armadj in cui questi si pongono, o pel contatto di qualunque corpo ammorbato di semi moscardinici.
    M'avvenne di conoscere un fatto che infermo' del mal del segno ed uccise pressocche' tutti i filugelli nati da cent'once di semente, dopo subito il primo torpore per niun'altra cagione che per quella d'aver lasciato per molti giorni le uova in vasi aperti in un armadio, ove esisteva molta seta greggia aspersa di germi calcinali.
(3) In piu' maniere possono essere le uova dei filugelli contaminate alla loro superficie dai semi contagiosi in discorso, cioe' dalle farfalle infettate dal contatto di bozzoli o tavole o altri effetti sparsi di germi calcinali o dagli stessi panni ammorbati su cui depongono i papiglioni le loro uova o dal movimento dell'aria di una stanza molto disseminata di germi moscardinici che li rechi sopra le uova ivi esistenti o per infezione della carta, dei vasi o di altri arnesi che possono averle tocche o in qualunque altra maniera vengano su di esse portati i semi del micidial parassito, dall'epoca della loro emissione o deponimento a quella della loro schiusura.
(4) Dopo un gran numero di sperimenti da me instituiti all' oggetto di trovar modo di disinfettare le uova contaminate senza offendere menomamente il chiuso embrione, uno infine ne rinvenni, tanto inocuo ed economico, quanto semplice e spedito.
CAPITOLO VI.
Cause o circostanze che accrescono o diminuiscono la virulenza o la durata del contagio o germe Moscardinico; che facilitano piu' o meno il suo ingresso nel filugello ed in altri insetti; che favoriscono o contrariano il suo sviluppo, il suo incremento e la sua riproduzione nel medesimo, e quindi la sua diffusione o disseminamento sui diversi corpi all'intorno e nell'aere circostante.
    Il germe moscardinico e' tanto piu' virulento, quanto piu' e' recente ossia meno distante dall'epoca della sua nascita, o per meglio dire dalla perfetta sua formazione o fecondamento e si mantiene piu' lungamente in vita ed in vigore quanto piu' e' difeso dal contatto rinnovato dell'aria e specialmente dell'aria libera, e viceversa. L'umidita', se eccessiva, debilita e quindi spegne affatto lo stesso germe, finche' sta aderente al baco in cui fu generato, atteso che putrefacendosi lentamente per la soverchia umidita' la sostanza animale del cadavere, altera e decompone a poco a poco lo stesso seme calcinale. Ma se questo abbandono' il morto insetto, nel quale ebbe la sua esistenza, e trovasi attaccato, al soffitto, alle pareti, o sul pavimento della stanza, sui graticci, sulla carta, o sopra altri corpi od effetti non corruttibili, o per meglio dire non in attualita' di putrido fermento, ne' spegnenti di loro natura lo stesso seme o germe moscardinico, poco soffre l'umidita', sebbene grandissima, ove la di lui azione non duri assai lungamente, dacche' mantiene la vita sua latente per molti giorni, sebbene sommerso nell'acqua, e per qualche mese ancora, ove si lasci nuotante sulla sua superficie.
    Piu' alta e' la temperatura, almeno sino ad un certo punto, sino ai 32 gradi circa reaumuriani, piu' facilmente il germe calcinale insinuasi nel filugello; perche' maggiore e' il calore, maggiore e' l'eccitamento che si da alla potenza sua vitale, e maggiore l'apertura e l'attivita' dei vasi assorbenti dell'animaletto ricevitore; e quanto piu' elevata e' la temperatura, piu' rapido e' lo sviluppo e l'incremento del terribile parassito nel soggetto invaso, piu' breve e' il periodo della malattia e piu' sollecita la morte perche' piu' energica e' l'azione della vita dell'ente uccisore. La bassa temperatura pro duce effetti opposti, sino a richiedere venti e piu' giorni ad uccidere le ninfe, innestate di moscardino e piu' ancora per indurirle e salificarle, cio' che segue a sei o sette gradi sopra lo zero, perche' a minor calore non vivendo la crisalide, non puo' vegetare in essa la fatal pianta parassita. E piu' l'aria che circonda il baco e' tranquilla e stagnante, piu' il germe contagioso che trovasi sul di lui corpo si conserva attivo, ed entra facilmente nel medesimo, non ismosso dal punto che occupa sullo stesso filugello (1).
    Il cibo consistente e poco acquoso, l'aria secca, la salute e la robustezza accrescono nel bigatto l'idoneita' a nodrire ed a rigenerare il contagio moscardinico, accrescendone o migliorandone ad esso l'alimento (2). Questa attitudine scema nel baco coll'aumentare nel medesimo del principio acqueo, il quale diminuisce ed altera la sostanza nutriente il fatal parassito, alterandone la proporzione, sia che provenga tale aumento dalla foglia molto umorosa, o dall'ambiente troppo umido, o da altra cagione.
    Lo stato di malattia o qualunque altra causa che tolga o minori od alteri nell'individuo invaso il pascolo alimentante il crudel parassito, oppure che la debolezza o altro difetto di questo, cioe' dell'ente contenuto non gli permetta d'approfittarne per nulla, o ben di poco, sebbene abbondante ed opportuno esista nel soggetto contenente il pabulo, in tali circostanze il germe moscardinico riesce inocuo all' animaletto invaso, se non trova in esso pastura, o non e' in grado d'appropriarsela per nulla: o si sviluppa e cresce, perche' si nutre, sebbene di poco; per iscarso, o non opportuno alimento, o per non trovarsi esso in istato di trarne tanto, quanto gliene occorrerebbe onde riprodursi, ed in questo caso il rio parassito, pur vegetando, se non si riproduce, ammazza pero' il paziente, il cui cadavere non possede la facolta' di produrre in altri il mal del segno, mancando d'esseri simili a quelii che hanno lui medesimo infermato ed ucciso.
    La gioventu' dunque costituisce a pari circostanze nel resto, la maggior virulenza del contagio calcinale, e la vecchiaja, la debolezza, come avviene in tutti gli esseri organizzati. L'aria meno rinnovata in contatto col germe, allunga la vita e mantiene maggiormente la di lui energia. Il calore e l'aria stagnante, facilita l'ingresso del fomite contagioso nel filugello e rende piu' attiva la di lui azione. Il freddo e la ventilazione operano il contrario (3). Il buon alimento, ossia la foglia piu' nutritiva, l'ambiente asciutto, la perfetta salute ed il vigore, rendono piu' atto l'insetto a nodrire ed a moltiplicare il fungo calcinale (4). Un effetto opposto produce il cattivo cibo, segnatamente la foglia acquosa, la soverchia umidita' dell'ambiente, lo stato ammalaticcio o snervato del filugello. Anche l'indebolimento del germe contagioso, in qualunque modo avenga, o altro difetto suo proprio, contraria lo sviluppo, l'incremento e la riproduzione del medesimo, sebbene ottimo e copioso sia l'alimento, che gli presenta l'animale contenente (5).
    Quanto piu' grande poi e' la riunione delle cause o circostanze che favoriscono la genesi del mal del segno, e la successiva calcinazione e fiorimento, maggiore e' il numero dei filugelli morti di questa malattia, e quindi imbianchiti (6) e tanto piu' maggiore, anzi sterminato e immenso quello dei germi o semi moscardinici esistenti sulla massa de' bachi incadaveriti ed imbiancati, i quali tanto piu' prestamente si essiccano, e si spargono all'intorno, quanto piu' secco ed agitato e' l'aere ambiente e diffondendosi su tutti i corpi astanti, va sempre piu' crescendo e dilatandosi l'ammorbamento, la malattia, la morte, la calcinazione e l'efflorescenza, e questa altri filugelli mietendo, sale in breve tempo l'epidemia al sommo grado di furore (7).
    Al contrario data l'eguale infezione moscardinica, ossia la medesima presenza del contagio, quanto minori sono le cause o circostanze promuoventi il mal del segno, il calcinamento, o l'efflorescenza, e maggiori e piu' numerose quelle pure che si oppongono, ossia che contrariano la produzione del morbo e segnatamente la susseguente calcinazione e fioritura del morto insetto tanto meno grande e' il numero dei nuovi germi o semi riprodotti, e questi tanto meno presto essiccano, e resi leggieri, abbandonano il cadavere a cui sono aderenti, quanto piu' umida e meno mossa e' l'aria interna del locale in cui esistono. Laonde pochi essendo i germi morbiferi e poco spargendosi all'intorno sulle cose o corpi circostanti, di poco pure diffondono all'intorno l'infezione, e di poco egualmente vanno per essi aumentandosi gli infermi ed i morti di moscardino, e di questi pochi morti, pochi pure s'infiorano, per le quali cagioni mai o ben di rado in tali circostanze il male si fa epidemico, e se tale diventa per gran copia di semi calcinali importati con uova, cannicci od altre robe infette, l'epidemia e' mite, e presto finisce (8).
Note dell'Autore al Capitolo VI
(1) Se l'aere che trovasi in contatto immediato col baco, viene di frequente rinnovato, e rinnovato in specie rapidamente, allora il seme del fatal fungo, oltre a perdere di continuo in vigore, e tanto piu', quanto piu' celeramente si rinnovano gli strati d'aria intorno ad esso, difficilmente potendosi mantenere contro la corrente dell'aria, sul corpo del filugello nello stesso punto in cui trovasi collocato, qua e la' recato sopra altri punti, dall'aere agitato, e talora anche fuori del filugello, difficilmente pure puo' aver tempo bastante onde insinuarsi nel bigatto, assorbito dai vasi inalanti o germinando nelle prime vie della cute per quindi estendersi e diffondersi nel sistema linfatico o sanguigno.
(2) La foglia dei luoghi asciutti ed elevati, la secchezza dell'aria ambiente della bigattaja, e la salute ed il vigore del filugello, tenendo in esso ristretta la proporzione della sostanza acquea, ed aumentando invece quella delle altre sostanze principalmente degli acidi, o dei loro principi costitutivi, rendono l'insetto piu' opportuno a nodrire e riprodurre la fatal pianta parassita.
    Questa capacita' viene accresciuta per lo stesso principio dall'uso di far nascere i bachi col calore artificiale, ove si dissecchi di troppo l'ambiente della piccola camera, cio' che succede facilmente, allorche' si riscalda colla stufa perdendo in tal modo il filugello una porzione dell'umore acqueo che gli e' naturale.
(3) Accade spesso d'osservare che fra parecchie stanze attigue in cui esiste in tutte il fiero calcinaccio e che sembrano tutte in perfetta parita' di circostanze, in una il crudel morbo infierisce assai piu' che nell'altra; e non solo per un sol anno, ma non di rado ancora per piu' anni successivi. E' cio' dovuto non tanto al maggior quantitativo dei germi pestiferi esistenti in questa stanza sino dall'antecedente educamento, i quali coperti altronde gli uni dagli altri, i sottoposti si trovano meglio difesi dagli agenti loro nemici quanto alla minore ventilazione, alla piu' alta temperatura, ed alla minore umidita' dell'aere ambiente della stessa camera, il quale minore movimento d'aria maggior calore e maggior secchezza, mentre accresce l'idooneita' nel baco a sviluppare ed a riprodurre i detti germi contagiosi, rende questi piu' vigorosi e piu' lungamente attivi, e piu' opportuni ad insinuarsi nel filugello, e ad infermare, uccidere e calcinare conseguentemente maggior numero d'individui, che aumentando quindi grandemente la copia de' semi morbiferi deve per tali ragioni il mal del segno, si nell'andante, che nelle future coltivazioni, fare quivi maggiore strazio dei poveri animaletti, che nei locali vicini o contigui, quantunque regni dappertutto nel resto una eguaglianza perfettissima di circostanze.
    Maggiore e' il numero dei germi calcinali importati o nati in una stanza d'educazione e sparsi intorno, e meno ventilato e piu' caldo, e meno umido e' lo stesso locale, piu' facili e piu' frequenti succedono le invasioni del micidial parassito, e piu' idoneo e' l'invaso a nodrire ed a rigenerare l'invasore.
(4) I filugelli affetti di moscardino, generalmente parlando, sono sempre in apparenza i migliori, e quelli che piu' lusingano le speranze del coltivatore, e non ponno essere che tali per la ragione che i bachi piu' vigorosi, sono i piu' facilmente presi dal rio malore, come quelli che offrono pascolo maggiore o migliore al crudel parassito, e atteso che il filugello da questo invaso, parlando in generale, si sviluppa meglio perche' prende maggior cibo, massimamente nei primordj della malattia, e non e' che nell'ultimo stadio della medesima, che l'infermo da' segni di soffrire, allorquando cioe' il fatal fungo, messa in grave disordine l'economia vitale, col continuo suo incremento, va spingendo il povero paziente all'estremo suo fine. Invaso il bruco dal vegetabile parassito che in lui si pasce e cresce, deve il contenente aver bisogno di maggior nutrizione, e presentare percio' un aspetto migliore, finche' alterandosi il suo organismo, e posto quindi in pieno disordine, non cade vittima infelice l'invaso dell'invasore.
    Giusta parecchie mie osservazioni, la morte del paziente sembra avvenire per l'arresto della circolazione del sangue, o della linfa che si voglia chiamare, cagionato dall'eccessivo distendimento nei vasi sanguigni o linfatici delle piccole pianticine parassite, che succede per lo sviluppo e successivo andamento di loro vegetazione.
    Quanto maggiore e' la virulenza del contagio, e principalmente maggiore l'attitudine dell'individuo invaso a porgergli alimento, tanto maggiore e' il volume del cadavere, bene asciutto che sia, e maggiore la sua durezza, a pari circostanze nel resto, perciocche' quanto piu' vigoroso entra nell'animaletto il fatal parassito e quanto miglior pascolo e piu' abbondante trova nel medesimo, tanta maggior copia di sostanza animale cangia in sostanza propria, per il che e piu' compatto e piu' grosso rimane l'estinto insetto: laonde la durezza maggiore e il maggior volume di un baco calcinato in confronto di un'altro simile a pari circostanze, ci annuncia la maggior idoneita' ch'ebbe il primo a nodrire il contagio, od una maggior vigoria nel germe invasore, o l'una e l'altra maggioranza nel medesimo tempo.
    Questi cadaveri danno pertanto germi piu' appiccaticci nelle rispettive loro varieta' di semi calcinali, quando pero' non manchi alle dette pianticelle fungose l'umidita' e la cedevolezza della pelle, necessaria, onde recarsi alla superficie del corpo del morto animaletto ed ivi sviluppandosi a perfezione, a perfezione pure costituire e maturare i loro semi o frutti.
(5) Il fungo calcinale quantunque si sviluppi, vegeti, e si rigeneri in tutte le stagioni dai sette ai trenta e piu' gradi reamuriani di calore, anzi finche' vive l'animale tanto in istato di bruco, di crisalide, che di papiglione, in maggiore o minore spazio di tempo, secondo il diverso grado di temperatura, pure l'atto di sua vegetazione si mostra piu' vivo, e piu' energico nei mesi di Maggio e Giugno nella prima educazione dei bigatti, che in altri mesi e nei successivi educamenti a parita' di circostanze nel resto la qual cosa avviene e perche' tutte le piante hanno i loro tempi in cui vegetano meglio che in altri, e cosi' deve succedere pertanto del fungo calcinale, e perche' i filugelli delle coltivazioni susseguenti alla prima nel medesimo anno, sogliono essere d'ordinario per piu' ragioni deboli o almanco meno vigorosi dei primi.
    Tutti i filugelli sani poi sono atti a nodrire piu' o meno il fatal fungo parassito e ad infermarsi conseguentemente del mal del segno, da esso invasi, ma non tutti estinti che siano, egualmente s'indurano ed egualmente si coprono nelle stesse circostanze della nota fioritura, e molti, morti che siano, divengono negroni, invece di calcinarsi, perche' non tutti i filugelli possono fornire al vegetabile invasore alimento egualmente ricco o egualmente opportuno. Generalmente parlando, questi ultimi sono quelli, che contengono un eccedente proporzione di sostanza acquea. Cosi non tutti i germi o semi moscardinici, benche' tutti vivi, ossia dotati della vita latente, sono capaci, introdotti in individui egualmente idonei a nodrirli, di produrre gli stessi effetti, la calcinazione cioe' ossia l'eguale indurimento e fioritura, quantunque capaci tutti, siccome vivi e attivi, d'uccidere animale contenente. I semi o germi molto indeboliti per somma vecchiaia o per lunga esposizione all'aria libera o per lungo immergimento nell'acqua o per altra causa, danno d'ordinario cadaveri negroni o di tenue calcinazione.
    Per meglio conoscere la natura e le abitudini di questa pianta crittogama parassita, fa duopo servirsi nei rispettivi sperimenti, piu' di frequente delle ninfe tratte dai bozzoli, invece di filugelli in istato di verme ed usare dell'innesto, poiche' per semplice contatto, attesa la poco porosita' della membrana che veste la crisalide, difficilmente puo' in questa introdursi il seme morbifero, e appena si riesce a far perire ed a calcinare una ninfa per meno del solo contatto, combacciandola con altra gia' imbianchita. Il filugello ridotto allo stato di crisalide, e perche' non prende piu' alimento e perche' assorbe meno l'umidita' atmosferica, e perche' contiene minor copia di principio acqueo, e perche' infin non si muove dal luogo in cui si pone, diviene pertanto piu' idoneo a sviluppare, nudrire e riprodurre il micidial parassito, una volta che siasi nella ninfa introdotto il di lui seme: e percio' gli effetti di vegetazione del fatal fungo succedono nelle ninfe piu' distinti, piu' pronti, piu' regolari e piu' costanti: laonde molto meglio che nei filugelli in istato di bruco, si puo' nelle crisalidi rilevare la natura ed i costumi di questo parassito.
(6) Una delle principali cause per esempio che puo' favorire la produzione e la propagazione del rio malore, e' l'andamento di una stagione calda ed asciutta, il quale, mentre rende piu' leggiero e piu' volatile, ossia piu' diffusibile nell'aere circostante il seme del fungo parassito, e ne accresce la di lui energia rende in pari tempo l'atmosfera secca e la foglia del gelso meno umorosa. La prima circostanza fa che divengano piu' numerosi gli attacchi del feroce moscardino, divenendo piu' frequenti gli accessi del contagio calcinale al filugello e ne rende in esse piu' facile e piu' sollecito il suo ingresso e il suo sviluppo; e la seconda, cioe' l'aria secca, e l'alimento meno succoso, scemando nel baco la proporzione della sostanza acquea accresce, o migliora il pabulo al vorace parassito, per le quali cose si aumenta il quantitativo dei malati, e dei morti dal mal del segno e tra questi si aumenta pure per tali circostanze, oltre l'ordinario, il novero dei calcinati fioriti, che l'umido vapore che circonda l'animaletto appena spento dal moscardino (il quale mai non manca nel filugello che muore in istato di larva per la separazione del principio acqueo che ha luogo nella salificazione e consolidamento del cadavere operato dall'acido fosforico) quest'acqueo vapore favorito dal maggior calore della detta stagione, promuove l'efflorescenza sul corpo dell'estinto insetto e questa tanto piu' presto poi si dissecca e spande all'intorno i semi micidiali del terribile fungo, quanto piu' presto e maggiormente si asciuga quindi l'aere circostante.
(7) Piu' i germi esistenti del fatal moscardino sono attivi per eta', per natura e per circostanze dominanti, piu' l'aria ambiente e' calda, secca e tranquilla o meno mossa, piu' sono copiosi i filugelli nella stanza d'educazione e piu' fitti sui graticci, e piu' sani e robusti e contengono una minore proporzione di principio acqueo, ed offre cosi' l'individuo contenente pascolo piu' abbondante e migliore al contenuto, ed e' questo piu' capace di approfittarne, tanto piu' aumentasi il numero dei malati, dei morti e dei calcinati, e con questi i semi del crudel parassito, i quali quanto piu' divengono numerosi, piu' bigatti ammorbano, infermano ed uccidono, si che la mortalita' diverebbe generale, se la terribile scena non si chiudesse col chiudersi dei filugelli sani nel bozzolo, dove trovansi al coperto degli ulteriori attacchi del formidabil nemico.
(8) Tutto cio' che accresce l'umidita' nell'atmosfera, scema l'energia del germe, o seme calcinale: e tutto cio' che aumenta il principio acqueo, nel filugello diminuisce il poter vegetante del fatal fungo in esso introdotto.
    Piu' l'aria del luogo e della stanza d'educazione e' umida, piu' i germi moscardinici perdono del loro vigore, massime col lasso del tempo, tra l'uno e l'altro educamento, e piu' lentamente e meno numerosi si spandono sui corpi astanti; piu' l'aria e' umida e la foglia piu' umorosa o bagnata, meno idoneo e' il bigatto a nodrire ed a rigenerare il vegetabile parassito invasore.
    Ove l'atmosfera e' molto umida e l'alimento del baco molto acquoso, per qualsiasi causa i germi calcinali ch'entrano deboli nel filugello, o meno virulenti di quello che lo sarebbero altrimenti e trovano in esso scarsita' di pascolo o pascolo poco opportuno, non sempre si riproducono e riproducendosi, danno parti o frutti deboli e questi ancora piu' deboli successori, i quali tanto meno atti sono alla procreazione per la qual cosa succede d'ordinario che insinuandosi nell' insetto l'uccidono bensi' in esso sviluppandosi, ma non rigenerandosi, il cadavere del paziente, fatto negrone, non e' capace di suscitare in altri individui il morbo calcinale.
    Oltre ad essere pertanto meno copiosi i filugelli morti ed imbiancati, le stesse mummie fiorite per effetto della soverchia umidita' dell'aria ambiente, ritengono piu' a lungo in se' i semi moscardinici, e tanto meno facilmcnte si sollevano questi nell'aria e si spargono all'intorno, quanto piu' la stessa umidita' li rende piu' grevi e piu' aderenti ai corpi su cui si trovano.
    I germi o semi poi, di cui si parla, gia' deboli in origine per le riferite ragioni, o per la debolezza de' loro antecessori e sempreppiu' debilitati nelle successive riproduzioni, finita l'educazione dei bachi, non potendo piu' procreare ossia rinnovarsi che nell'anno seguente, restando intanto lungo tempo fra l'uno e l'altro allevamento dei filugelli in un'atmosfera umida, sempre piu' si infievoliscono, si che all'epoca della nuova educazione, o sono gia' spenti, o si deboli che difficilmente entrando ben anche nel filugello possono in esso riprodursi, e non riproducendosi, ma soltanto sviluppandosi, l'insetto invaso che muore, diviene negrone, ed il suo cadavere e' pertanto inetto, come gia' dissi, al comunicare ad altri il mal del segno, perehe' privo di semi calcinali, o almeno di semi perfetti, ed il terribile morbo s'invia cosi' al suo fine.
    Ecco perche' nei paesi irrigui o altrimenti umidi la malattia di cui si tratta non esercita mai o ben di rado grandi stragi e scema o sparisce l'anno seguente e molto piu' nei successivi, ed ecco perche' negli elevati e negli asciutti invece per circostanze diverse, fa si' di sovente orribile scempio degli utili animaletti a gravissimo danno dei loro cultori. Il miglior cibo e l'aria secca rendendo anche piu' robusti i filugelli, ed asciugando maggiormente quest'ultima cioe' l'aria secca e piu' presto il fatal polviscolo sui bachi calcinati, lo spande piu' sollecitamente e in maggior copia all'intorno si' che il rio morbo esercita stragi maggiori e piu' frequenti e piu' a lungo continuate e va d'ordinario sempre piu' crescendo nei successivi educamenti, finche' l'accidente, in mancanza dell'arte nol diminuisca o nol sopprima ben anche interamente. Una primavera umida, fredda e piovosa, e meglio due siffatte , una in seguito all'altra; una maggior ventilazione nelle stanze d'educazione, avvenuta per nuove aperture o per aver tenute meno chiuse le gia' esistenti lungo tempo, principalmente tra l'uno e l'altro allevamento di bachi, o per aver regnato fra l'anno venti furiosi ed opportuni nelle loro direzioni a smuovere e rinnovare interamente tratto tratto l'aria interna della stessa bigattiera l'ambiente della medesima reso umidissimo per molto tempo dalla lettiera in fermento o da altra cagione; un cibo molto piu' acquoso del solito fornito ai filugelli, e per piu' giorni, con foglia bagnata dalla pioggia o dalla ruggiada, o assai umorosa per qualsiasi altra causa; un cambiamento di stanze o di effetti d'educazione sostituendo a locali e ad arnesi ammorbati, altri incontaminati o meno infetti; una interrotta, ossia sospesa coltivazione per piu' d'un anno nelle stesse camere, questi ed altri casi fortuiti, massime se piu' uniti, possono benissimo diminuire i progressi del rio malore e condurlo ben anche talvolta al suo termine.
CAPITOLO VII.
Il contagio Calcinale si moltiplica assai piu', e fa maggiori stragi degli utili insetti, di quello facciano le altre specie di contagi che affliggono animali di una vita molto piu' lunga ossia duratura per piu' anni.
    I contagi che affliggono gli animali, non parlando di quelli che attaccano i vegetabii, considerati come enti organici, soggiacciono nel loro incremento e nella loro propagazione alle stesse leggi che regolano tutti gli esseri viventi in generale, i quali crescono e si moltiplicano in ragione dell'alimento che ricevono (1).
    Allorche' un contagio viene portato in un paese dove non ha mai dominato, o non vi domino' che da lunghissimo tempo, se la costituzione atmosferica del luogo non e' contraria alla sua esistenza, ossia non ispegne, o non debilita di troppo la vita sua latente, e trova gl'individui destinati dalla natura a riprodurlo, capaci di fornirgli opportuno ed abbondante alimento, il contagio passa dall'uno all'altro soggetto, da una famiglia all'altra, da questo a quel circondario e crescendo cosi' sterminatamente i semi morbiferi coi crescere del numero degl'infermi, e diffondendo all'intorno, la malattia, ben presto diviene epidemica, infierisce grandemente, e porta dolori e spesso stragi tremende fra quei miseri, ch'ebbero la disgrazia d'esserne colpiti: e spiegando in tal modo la maggior sua rabbia, non scema che col scemare delle vittime da mietere o degli esseri da tormentare (2). Infine i germi pestiferi non trovando piu' individui in cui nutrirsi e rigenerarsi, per averli tutti invasi e pascolati, salvo gli immuni per natura, e quelli che per accidente, o per arte si sottrassero al loro contatto, o sebbene tocchi non furono da essi invasi o penetrati, il morbo appiccaticcio, che gia' diminui', va via via sempre piu' diminuendo, finche' cessa alla fine totalmente.
    Intanto i semi del contagio in generale non piu' crescendo per non poter quivi piu' riprodursi, mancando i soggetti a cio' opportuni, vanno mano mano debilitandosi, invecchiando, e finalmente spegnendosi col lasso del tempo per legge naturale, quali enti organici, o pel contatto rinnovato dell'aria, loro eterna nemica, o per opera di altri agenti distruttori, recati dal caso o dall'arte.
    Gelosa pero' natura di conservare le sue produzioni, trasporta in piu' modi una parte di questi germi in altri luoghi piu' o meno lontani, e talor lontanissimi, ove se giungono ancor vivi, e si conservano tali, e trovano negli individui che invadono pascolo opportuno, ed abbondante, riaprono allora fra gli abitanti del nuovo loro soggiorno l'orrenda scena, tutta mostrando la naturale loro fierezza: e tanto maggiore strazio fanno di quelli infelici, quanto maggior alimento prestano alla loro riproduzione, e tanto maggiore e' l'alimento che offrono quei pazienti ai loro nemici, quanto maggiore e' il tempo che non furono da essi aggressi, e molto maggiore ancora anzi grandissimo, e' d'ordinario siffatto pabulo, quando non sono mai stati da quella specie di contagio per l'addietro dominati.
    Se poi lasciando il luogo loro nativo per essere altrove trasferiti, periscono per via, o giunti in altro paese vengono cola' estinti da un diverso stato atmosferico, o da circostanze particolari del sito in cui sono deposti, oppure benche' ancor capaci di divenire attivi non trovano negli individui cola' viventi che investono, materia idonea al loro sviluppo ed al loro incremento, in tutti questi casi la loro presenza non e' nociva. E se quantunque vivi e vigorosi, non trovano per altre anteriori loro invasioni o per altre ragioni nei soggetti in cui si insinuano nodrimento opportuno, o sufficiente alla loro rigenerazione; o snervati nel loro viaggio o nella loro dimora, o resi altrimenti difettosi per qualsiasi causa, non sono in grado di poter riprodursi o di dar germi perfetti, sebbene atti altronde a schiudersi, ed a pascersi negli esseri in cui s'introdussero, allora producono bensi' in questi la stessa malattia, ma e' dessa sporadica, e non mai attaccaticcia, mancando l'infermo di nuovi germi, o almeno di germi fecondi, cioe' simili a quelli che l'ammalarono, con cui poter in altri suscitare lo stesso malore.
    Ma se fra gl'individui generalmente impotenti a riprodurre il contagio per difetto, o poverta' di sostanza alimentante il medesimo, ve n'hanno alcuni che possono pur rendere il germe idoneo a tale funzione, cioe' alla sua riproduzione, il morbo in tal caso riesce appiccaticcio: ma i nuovi semi morbiferi non trovando nei soggetti che invadono altri o ben pochi capaci di rigenerarli sono presto finiti, ed il contagio quantunque dei piu' facili di sua natura ad appiccarsi, ed assai diffondibile, non produce mai gravissime conseguenze, ed il rio morbo non puo' mai in tal caso divenire epidemico.
    Ma ben diversamente accade, allorche' tra i detti germi d'assai indeboliti o in alcun modo degenerati e percio' inetti a riprodursi anche la' dove trovano degli esseri che possono loro fornire tutto l'alimento necessario alla loro procreazione, alcuno pur se ne trova, che non isnervato o altrimenti difettoso, o sebbene debole o alquanto imperfetto, pur ajutato da circostanze le piu' favorevoli, giugne desso a generare e a dar esseri fecondi. Dotati gli abitanti del luogo della maggiore, o almeno di molta capacita' a nodrire ed a riprodurre il contagio, i nuovi germi pestiferi si moltiplicano ben presto in numero infinito e spargendosi all'intorno, presentano ben presto il terribile spettacolo dell'epidemia contagiosa.
    Cosi' vanno errando i germi dei diversi contagi animali e vegetali, qua e la' trasportati sulla terra da tanti corpi vivi e morti, organici ed inorganici, e sull'ali ancora del vento, parlando principalmente dei piu' leggieri e di quelli che possono vivere isolati, senza aver bisogno di un liquido, o di un muco animale che involgendoli li conservi e intanto che stanno attendendo che il caso li rechi sopra animali vivi e proprj a riprodurli, in cui insinuandosi possono schiudersi, crescere e procreare, onde si conservi la loro specie, gli agenti loro struggitori, che muove ad essi incontro, ove l'accidente, ed ove l'arte, e soprattutto il contatto rinnovato dell'aere libero loro eterno nemico, vanno mano mano spegnendoli, e la stessa operazione va eseguendo il lasso del tempo piu' o meno prestamente, secondo la diversa loro natura, perche' come esseri organizzati la loro vita presto o tardi deve pur finire.
    Questi sono gli effetti che producono i contagi in generale affligenti l'uomo ed altri animali che vivono lungamente o almeno oltre l'anno; ma mali ancora maggiori producono quelli che attaccano esseri animati di vita breve, come e' il contagio calcinale o moscardinico, proprio del baco da seta e di altri bruchi.
    I primi assalgono spesso degli individui stati investiti altre volte dalla stessa specie di contagio, ed esauriti, o depauperati di sostanza nutriente il medesimo parassito, laonde l'ente contenuto non reca danno al contenente o non genera in questo che una malattia sporadica, non rigenerandosi per iscarsita' di pabulo.
    I secondi, principalmente quelli di cui si tratta, cioe' il germe calcinale, invadendo sempre soggetti nuovi non ancor tocchi dalla sua ingordigia perche' da poco tempo nati e perche' i lor fratelli stati gia' invasi e pascolati, vennero gia' a morte condotti, e quindi conversi in moscardini, o negroni, questo crudel parassito esercita fra i preziosi animaletti stragi molto maggiori e piu' maggiori ancora, quanto maggiori, ossia piu' numerosi sono i germi morbiferi e gl'individui capaci di nodrirli e moltiplicarli in confronto dei germi contagiosi proprj dell'umana schiatta, e di altri animali di lunga vita e dei rispettivi individui suscettibili d'esserne colpiti ed infermati (3).
    Fortunatamente che non tutti i filugelli si trovano in grado di riprodurre, sebbene capaci di alimentare il contagio (4); e non riproducendo l'animaletto i germi che l'investirono, non e' atto morendo, come' gia' dissi piu' volte, a comunicare ad altri la stessa malattia, ed il cui cadavere, divenuto pertanto negrone, apre la tomba al micidial parassito invasore, costretto a perire, senza poter procreare, o dar esseri perfetti, a lui eguali (5).
Note dell'Autore al Capitolo VII
(1) Forse taluni dei lettori risponderanno con un sorriso alla presente mia dottrina, vedendo da me rimessa in campo l'opinione, gia' stata tante volte discussa, dci contagi viventi, e che in oggi si combatte piu' fortemente di quello che non si fece per l'addietro, quantunque ancor viva uno dei piu' validi difensori della medesima il celeberrimo professore Rasori. Ma dopo tante osservazioni e sperienze da me intraprese sulla cagione effettrice del mal del segno o calcinaccio, io crederei veramente di rinunciare alla ragione, se non fossi d'avviso che questo morbo contagioso sia prodotto e diffuso da un essere dotato d'organizzazione e di vita.
(2) Alle volte l'epidemia puo' diminuire e terminare ben anche talora, e rapidamente, a cagione in ispecie di uno straordinario cambiamento nello stato atmosferico il quale indebolisca di molto i germi morbiferi o li estingua, o renda meno opportuni i rispettivi soggetti invasi a riprodurli; come puo' accadere per il passaggio da una gran secchezza alla maggiore umidita' dell'aria, massime se e' repentina, o da un gran caldo al freddo, e viceversa; o dal massimo grado di elettricita' atmosferica positiva alla negativa.
    Ma un tale avvenimento dev'essere piu' raro d'assai di quello che si crede comunemente. Per lo piu', per non dire quasi sempre, l'epidemia discende e finisce per cause opposte a quelle che la produssero e la fecero salire. Il naturale incremento dei germi appiccaticci, costituisce l'epidemia e la reca a maggiore o minor grado d'elevazione, secondo il maggiore o minor numero degli stessi germi pestiferi e la maggiore o minore loro virulenza; e la loro diminuzione e il successivo loro indebolimento, la fa quindi declinare, e la porta al suo fine.
    Diminuendosi col diminuirsi degli esseri attaccabili, le riproduzioni pure degli attaccanti, i germi morbiferi divengono piu' rari e piu' antichi o meno recenti e percio' meno vigorosi. Gli individui altronde i piu' tardi e gli ultimi a venir presi dal morbo dominante, essendo d'ordinario i meno opportuni a nodrire ed a rigenerare il contagio, i germi pestilenziali, che entran in essi gia' alquanto indeboliti, e vengono da essi mal pasciuti, non possono che produrre figli piu' languidi ancora degli stessi genitori, e piu' languidi ancora di questi ne succedono i nipoti. Per tali ragioni il terribile contagio perdendo ogni giorno di forza, va sempreppiu' limitandosi di regno e di potere, finche' cessa finalmente di dominare, e scompare per ricomparire egualmente crudele e talora anche piu' spaventevole in altre regioni dalla rapace sua cupidigia non ancor tocche, o gia' da lunghissimo tempo da esso flagellate.
(3) Il contagio calcinale puo' fare maggior scempio fra i filugelli educati nelle bigattaje, di quello possa fare nell'uomo o nelle bestie domestiche che lo servono, un contagio recato da lontano in una regione o paese, ove non abbia mai esistito per l'innanzi, ed i cui abitatori siano tutti o pressoche' tutti idonei a rigenerare il crudel parassito, atteso che pochi o non molti o almeno non moltissimi sono d'ordinario i germi contagiosi che vengono da lungi trasportali, e difficilmente altronde possono nel lungo loro cammino conservare la primitiva loro energia; quando all'incontro numerosissimi, e virulentissimi sono i germi moscardinici esistenti in una stanza d'educazione di bigatti, nel caso che il mal del segno abbia in questa infierito epidemicamente l'anno prima, e che ne' l'accidente, ne' l'arte abbia ne' diminuito di molto, ne' indeboliti i germi micidiali; e numerosissimi pure gl'individui capaci di riprodurli, e gli uni sempre in pieno contatto cogli altri.
    E quand'anche passano rigenerati i semi contagiosi da un paese all'altro vicino, e regni il morbo appiccaticcio epidemico, in niun luogo chiuso mai si possono trovare uniti tanti enti invasori ed invasi, quanti se ne trovano in una bigattiera sommamente flagellata dal feroce moscardino, ne' alcun'altra specie di contagio altronde e' si diffondibile cred'io, quanto lo e' il calcinale.
    Si vuole che il contagio non agisca in ragione di quantita', considerato che non si accresce il male coll'introdurre nel paziente una quantita' maggiore di materia morbifera. Ma e' pero' certo che una maggior quantita' di sostanza contagiosa che pongasi in contatto con un individuo suscettivo d'esserne infermato, lo espone sempre a maggior pericolo di contrarre al malattia, la quale non si sarebbe forse suscitata, se piccolo fosse stato il quantitativo della materia attaccaticcia che tocco' il soggetto, come prendo a dimostrare.
    Il contagio calcinale al pari degli altri contagi non agisce in ragione di quantita', non rendendosi piu' grave la malattia, ne' piu' sollecita la morte benche' s'introduca in gran copia la sostanza morbifera nell'animaletto e se ne ripeta i toccamenti e gli innesti. Ma quanto maggiore e' il numero dei germi moscardinici che ai pongono in contatto col filugello, tanto piu' facilmente succede l'invasione del nemico e quindi la morte dell'invaso insetto. Quando sono molto numerosi anzi numerosissimi i semi del vegetabile parassito che hanno accesso, ossia che toccano il bruco, quantunque pressocche' tutti, o per la maggior parte immaturi, o indeboliti o mal situati, alcuni meno difettosi degli altri o piu' fortunati giungono pure ad introdursi in alcun modo per mezzo dei vasi inalanti o respiratorj o coll'alimento nell'animale, ed a quivi svolgersi e riprodursi.
    Se si tocca colla punta di un sottilissimo ago un baco calcinato, riconosciuto gia' contagioso, e colla stessa punta si tocca ogni volta un filugello vivo e sano cambiandosi ogni volta la situazione, ossia il luogo in cui si tocca, di tanti filugelli in tal modo tocchi, alcuni si conserveranno tuttora sani, non tanto per mancanza di germi attivi su di loro deposti, quanto per non aver potuto in esso introdursi per difetto di punto opportuno, o per essere in alcun modo stati staccati o per altra cagione. Quando invece premendo fra due dita il detto calcinato e con queste strofinando un bigatto e cosi' facendo con altri filugelli, benche' in gran numero, nissuno potra' sottrarsi alla morte.
    Cosi' se si pungono piu' filugelli appena spenti dal moscardino con altrettanti spilletti e si inoculano con questi dei filugelli sani, parte di questi non soffriranno punto, altri periranno, ma non si calcineranno o salificheranno ed altri si induriranno e si salificheranno, atteso che i semi calcinali, ossia del fungo parassito non formandosi, o almeno non maturando che dopo la morte del paziente, appena questo e' spento dal mal del segno, non contenendo per anco semi moscardinici o semi fecondi o soltanto pochi semi maturi cioe' i primi fecondati, che non ne puo' estrarre, ove non ve ne sono, o non giugne ad estrarne, siccome rarissimi, in ambi i casi, le sue ferite devono riuscire inocue; e se mai ne reca seco degli immaturi, ossia degli imperfetti, o non atti ancora a riprodursi, sebbene a svilupparsi ed a nodrirsi, l'inoculazione uccide bensi' il piagato insetto per la ragione che gl'introdotti germi, sebbene non atti a rigenerarsi, sono pero' capaci di schiudersi e nodrirsi, come accade a diversi semi di piante che germinano e vegetano bensi', ma non sono capaci di fruttare. Ma se pungendosi o dividendosi l'estinto insetto se ne separa cosi' il contenuto liquore, e tutto con questo si bagna il corpo di un filugello in istato di larva oppure di ninfa, quasi sempre ne aviene la sua morte e la successiva calcinazione del lordato insetto, siccome in tanta copia di sostanza tratta dal perito individuo, e' ben difficile che non si trovino dei germi gia' maturi e perfetti.
    Chi ci assicura poi, parlando non solo del contagio moscardinico, ma ancora di tutti i contagi in generale, chi ci assicura che basti un solo germe contagioso per suscitare la malattia nell'individuo invaso e ben anche la morte. Divisibilissima com'e' la materia morbifera all'infinito, e si' minimi i germi in modo, che sulla sola punta di un piccol ago, ne possono forse esistere, non cento ne' mille, ma forse un milione e invisibili all'occhio nudo, la malattia e meno la morte nell' individuo invaso non potria forse succedere che per l'ingresso nel medesimo di tanti germi morbiferi, quanti bastano a produrla. Chi sa che uno o piu' germi non sieno sufficienti a recar tanto disordine nell'economia vitale, e che riescono pertanto di ben poco o niun nocumento all'animale che li contiene, sebbene sia questo idoneo ad ammalarsi dello stesso contagio, qualora venga invaso da un numero maggiore di germi attaccaticci? Noi non possiamo essere certi almeno del contrario. E se si riflette che nelle diverse pestilenze sono sempre colpiti dal contagio dominante a preferenza quelli che si trovano esposti al toccamento di un maggior quantitativo di sostanza morbifera od a contatti piu' di frequente ripetuti, e piu' se si trovano nell'una e nell'altra circostanza nel medesimo tempo, pare che si debba credere, che oltre ad essere questi piu' facilmente presi o invasi dalla materia pestifera debbano anco riceverne in maggior copia di altri, che colti o per meglio dire penetrati solamente da uno o pochi germi contagiosi, per trovarsi in circostanze opposte, si conservano forse illesi, ossia non si ammalano fintanto almeno che introdotti nel loro corpo in una o piu' volte tanti germi morbiferi, quanti ne occorrano per imfermarli, cadano essi pure vittima del rio malore. Questo riflesso sembra che renda assai verosimile l'esposta congettura.
(4) Non v'ha filugello sano che non si possa infermare del mal del segno, in esso insinuando coll'innesto il seme del fungo calcinale, per la ragione che non vi ha filugello in istato di salute, che non contenga piu' o meno della sostanza nutriente il fatal parassito, come ho altrove gia' riferito. Se l'inoculato individuo non muore, e' perche' inattivo fu il germe che s'introdusse, o nol s'introdusse nel sistema sanguigno, atteso che se si torna ad innestare, finalmente perisce, e diviene negrone o si calcina e fiorisce a tenore delle circostante in cui si trova il contenente ed il contenuto.
(5) I contagi sono a mio avviso esseri parassiti vegetabili ed animali, i cui germi, entrando perfetti, ossia in istato di poter rigenerarsi in un individuo di quelli destinati dalla natura alla conservazione della loro specie, e trovando quivi alimento opportuno alla loro riproduzione, compiono in questo soggetto le loro funzioni ed i nuovi esseri generati introducendosi in altri individui possono in questi produrre gli stessi effetti che gia' produssero i loro genitori. Ma se per difetto d'alimento nel paziente o per qualche imperfezione nell'ente invasore che lo rende inetto a profittarne, o per altra cagione non ha luogo la procreazione, come puo' avvenire, quando il soggetto invaso perisca prima che l'invasore possa ultimare l'ufficio della sua riproduzione, in tal caso la malattia riesce sporadica, mancando i nuovi procreati, ch'entrando in altri individui producano il medesimo malore, esercitando le medesime funzioni.
    L'animale contenente poi soccombe al male, se il rio parassito crescendo e procreando, o semplicemente crescendo, senza riprodursi vince la forza opponente della vita; e guarisce, prescindendo dal soccorso dell'arte allorche' l'ente invasore non arriva nell'esercizio delle sue funzioni per natura propria, o per una causa qualunque che non le rese complete a recare il mortal disordine nell'economia animale.
    Un fatto veramente curioso mi avvenne d'osservare inoculando di moscardino parecchie Falene Dispari in istato di larva. Poco dopo il seguito innesto, questi bruchi, essendo gia' maturi, si trasformarono in ninfa. Da sette di queste ninfe usci quindi un piccol verme di color cannino i quali sette vermi in poche ore passarono essi pure, allo stato di crisalide.
    Provengono tali vermi da una specie di mosca che forando la pelle di detti insetti, cioe' della Falena Dispari in istato di bruco, vi depone uno o piu' uova, ma ordinariamente uno solo per cadaun animaletto. L'uovo si schiude, il verme che n'esce si nutre nell'individuo in cui fu posto, e divenuto maturo buca la pelle dell'essere che lo contiene per sortire e trasformarsi in ninfa al di fuori.
    Da quattro delle riferite sette crisalidi dei piccioli vermi in discorso n'escirono altrettanti moscherini. Ma quale non fu la mia meraviglia, vedendo cambiati in mummie gli altri tre vermiciuoli al pari delle Falene che gli avevano contenuti ed alimentati; cosicche' e l'invaso e l'invasore, amendue questi esseri rimasero preda del calcinaccio o moscardino, in modo che i due animali contenente e contenuto, furono dalla forza dell'ente vegetabile vinti ed uccisi. Dimezzate tutte le ninfe delle Falene, state come sopra inoculate, allorche' estinte, si erano indurite, tutte si mostrarono imbiancate ossia fiorite nell'interno dal fatal fungo loro uccisore: ma mentre si mostrarono tutte piene e senza alcuna cavita' quelle da cui non era escito il detto verme, si vedevano vuote nel mezzo con denso calcinamento all'intorno, le altre che avevano dato ricetto e pascolo al riferito piccolo insetto in istato di larva. Tutte poi non presentavano alcuna fioritura alla superficie del loro corpo, per la ragione che le piccole pianticelle moscardiniche non poterono vincere la forte resistenza che loro opponeva il duro involucro membranoso che veste la ninfa della Falena di cui si parla.
    Due specie di parassiti destinati dalla natura a svilupparsi e pascersi nei bruchi o Falene in discorso, tra loro differentissimi, uno animale e l'altro vegetale, vennero introdotti negli animaletti da me accennati in istato di larva. Il parassito animale, primo invasore, cibossi nel paziente pel di lui incremento della parte la piu' interna, ossia della centrale, mentre il secondo introdottovi, cioe' il vegetale o calcinale, cangio' in sostanza propria la meno centrale, cioe' quella che piu' si approssima alla superficie, secondo la situazione in cui trovossi forse cadaun ente invasore. Ma spenta la vita dell'individuo invaso, cioe' della Falena, per opera dell'introdotto fungo moscardinico, o forse anche per opera di amendue i parassiti, animale e vegetale, questi producendo tosto i suoi frutti o semi o almeno perfezionandoli nel cadavere dell'ucciso animaletto, poterono i medesimi invadere l'altro parassito vivo esistente pure nel morto insetto, il quale infermatosi percio' del mal del segno, peri' quindi in istato di crisalide uscito che fu dal paziente in cui si schiuse si nutri' e crebbe.
    Ecco pertanto due esseri organici distinti e viventi, uno animale e l'altro vegetale, rinchiusi amendue in altro essere pure animale, organico e vivo, che deve servire loro di cibo pel loro sviluppo e successivo loro incremento. Finita la comune pastura nell'estinto animaletto contenente, i figli o semi del parassito vegetabile, riprodotti e perfezionati nel cadavere, invadono l'altro parassito animale tuttora esistente nel morto insetto, ed esercitano in esso le funzioni loro proprie, in modo che il piccol bruco o verme gia' invasore dell'altro estinto, e' forzato ad incontrare lo stesso fine, che gia' incontro' l'animaletto invaso da ambo i due parassiti, uno animale e vegetale.
    Chi sa che alcune specie di contagi fra quelli che affliggono l'uomo, non sieno pur desse vegetali? Anzi di tale natura io sospetto che sia il Cholera morbus?
CAPITOLO VIII.
Conclusione.
    Le tante osservazioni, e sperienze da me intraprese in una lunghissima serie d'anni, mi hanno dimostrato che il mal del segno o moscardino non nasce mai spontaneo nel filugello, ne' in altri insetti; che deriva sempre da un ente esterno, il quale entrando nell'animaletto, e sviluppandosi genera la malattia, la morte, e la susseguente salificazione del cadavere; che quest'essere e' organizzato, vivente e vegetabile; ch'e' una pianta parassita, una produzione fungosa; che questa pianta crittogama non si sviluppa, non cresce e non si moltiplica che nell'animale vivo, e non mai nel morto, e soltanto nel genere dei bruchi; e non fruttifica, o almeno non matura i suoi semi, se non spento l'animaletto che l'ha nodrita (1): che il morbo prodotto da questo fungo, o per meglio dire l'insetto da esso ucciso e' contagioso, non essendolo mai finche' vive; che coll'uso del seme di questo parassito, puo' l'uomo, a piacere, infermare di moscardino e quindi calcinare, non solo i filugelli, ma, ancora altre specie di bruchi, tanto in istato di larva, che di ninfa e di farfalla, e costantemente in tutte le stagioni, e trasportare il rio morbo da un luogo all' altro, e farlo emigrare ben anche in lontani paesi; che collo stesso seme si puo' comunicare il mal del segno, ove lo si voglia, contemporaneamente a bigatti d'eta', di provenienza, e per nutritura e per governo e per altre circostanze affatto diverse; e infermare di detta malattia dei filugelli in una stanza mentre si lasciano esenti quelli di un'altra, sebbene nati tutti nello stesso luogo e nello stesso modo, e dalla stessa massa d'uova e quindi nodriti e governati nel medesimo locale e nella stessa maniera: che si puo' egualmente, mediante l'uso del seme in discorso far perire ben anche un'intera covata dal calcinaccio, spargendo i germi morbiferi nella semente. Se queste ed altre cose gia' da me accennate, ed altre ancora, che per brevita' ommetto, si ponno effettuare coll'uso dei detti semi fungosi ogni volta che lo si desidera, pare che non rimanga piu' alcun dubbio sulla materia appiccaticcia della malattia di cui si tratta.
    Che il mal del segno o moscardino sia realmente d'indole contagiosa, ne sono ormai quasi tutti parsuasi, malgrado molti fatti in contrario di cui ignorando la teoria di questo contagio, non sanno i coltivatori rendere ragione a se' stessi di cio' che vedono o sentono dagli altri (2). Ma difficilmente poi si possono persuadere gli stessi cultori e non pochi ben anche fra i sapienti, che il morbo in discorso, non nasca spontaneo nel filugello.
    La ragione e l'esperienza c'insegnano che la sostanza che cresce e s'innalza in piu' modi sulla superficie del cadavere degl'insetti morti dal mal del segno o calcinaccio, introdotta coll'inoculazione, col semplice contatto, o per mezzo dell'alimento, si nel filugello, che in altri bruchi, produce la detta malattia, la morte e la successiva calcinazione.
    Per convincere se' stesso e gli altri che l'infermita' di cui si parla nasca spontaneamente nel baco da seta cioe' che in origine si sviluppi per tutt'altra cagione, che per opera del detto parassito, benche' possa quindi propagarsi per contagio, e' forza saper produrre in alcun modo, se non nelle diverse specie di bruchi, almeno nel filugello, il vero calcinaccio, come si ottiene valendosi della detta pianta o sostanza, qualunque essa siasi, oppure poter dimostrare che ha luogo il mal del segno indipendentemente dal riferito parassito, ossia senza la presenza della detta materia, cio' che non si otterra' giammai, attesa l'immensa quantita' e moltiplicita', e la somma divisibilita' e diffusibilita' della stessa materia, trasportabile in ogni modo sino dalle mosche e da altri animali, e dall'aere medesimo in movimento. Cio' premesso, ognun vede che non vi rimane che la sola possibilita' che il fenomeno possa essere prodotto ancora da altra causa o sostanza, oltre quella che lo produce sotto i nostri occhi, a piacere, e costantemente; e non solo nel filugello, ma in quasi tutti gli altri bruchi, e che passata per una lunga serie di specie di questi insetti, e di nuovo introdotta nel baco da seta e' sempre la stessa (3).
    La grande celerita' con cui spesso si diffonde il mal del segno tra i filugelli dopo il loro quarto torpore, e le grandi stragi che fa d'ordinario il rio morbo in questa eta' dei preziosi animaletti, fa credere ai loro educatori che la malattia nasca in essi spontanea, piuttosto che da contagione, non conoscendo i medesimi cultori le cause da cui procede un tale avvenimento (4).
    Supposto poi anche che il crudel malore nasca pure spontaneo, dovrebbe in questo caso svilupparsi per tutt'altra cagione, che per effetto della cattiva nutritura, della poca polizia delle stanze d'educazione, o per le diverse emanazioni che partono dalla lettiera in fermento. Nell'agro lodigiano in cui l'irrigazione e la feracita' del suolo rende umida l'atmosfera e molto umorosa la foglia, e dove le case di contadini che servono di bigattiere, sono per lo piu' basse, strette, e poco ventilate, e dove parlando in generale si educano male i bigatti, e piu' male ancora si educavano per l'addietro, non si sapeva qui tampoco cosa fosse il mal del segno, mentre in S. Colombano, situato nella stessa Provincia, lo si conosce gia' da gran tempo, perche' l'aria asciutta, e la foglia poco acquosa di quei colli, rendendo piu' energico il contagio calcinale, e piu' opportuno il filugello a dargli alimento ed a riprodurlo, la terribile malattia vi appare da quando in quando e fa pompa cola' pure talora di sua ferocia. Ben lungi il rio moscardino d'assalire i bachi deboli, malsani, e quelli che giaciono su di un letto alto, molto umido, bagnato o fracido, attacca anzi a preferenza nelle usuali nostre coltivazioni i filugelli sani, robusti, ben nodriti e ben governati, o per meglio dire governati secondo i precetti ordinarj della maggior parte de' scrittori, e dei cosi' detti bigattieri in generale. Se poi il morbo in discorso avesse origine dai diversi effluvj che si elevano nella bigattiera, ossia se provenisse da un'aria viziata qualunque, che investe il filugello, o dal mal governo, o dallo stato di schiavitu' a cui sottopone l'uomo l'utile insetto, la malattia o per dir meglio la calcinazione non sarebbe comune ad altre specie di bruchi, i quali ne sono assaliti all'aria aperta nel loro stato di natura. Ma come ponno mai, si dira', i germi moscardinici porsi in contatto con tali animaletti che vivono in aperta campagna? E mancano forse mezzi all'industre natura per trasportare sull'ali dell'aere e principalmente del vento qua e la' sui diversi corpi semi si' leggieri e si' numerosi, e mantenerne vivi alcuni, finche' non abbiano accesso all'uno o all'altro bruco, ed in esso insinuandosi, schiudersi, pascersi e riprodursi per la conservazione della pianta parassita di cui si tratta?
    Io inclino a credere che la malattia di cui si tiene discorso, non sia nata spontanea neppur allorche' mostrossi in origine la prima volta sulla terra, ed uccise il primo filugello od altro bruco. Comparsi i semi del vegetabile parassito su questo pianeta contemporaneamente ai bruchi o dopo la loro esistenza ed in qualche modo in questi introdotti o in essi recati a dirittura dalle mani della stessa natura, poterono ivi svilupparsi e riprodursi, ed i nuovi semi generati recandosi in altri individui, ossia in altri bruchi ripetere le funzioni dei loro genitori, cagionando cioe' la malattia la morte e la susseguente calcinazione dell'invaso animaletto; e procreando altri esseri a loro simili continuare da generazione in generazione ad esercire le stesse operazioni come fanno ancora al presente e faranno egualmente nei secoli avvenire, finche' vi saranno semi calcinali capaci di svilupparsi e bruchi da porger loro, invasi che siano, alimento opportuno al loro incremento ed alla loro riproduzione.
    E supposto ancora il nascimento spontaneo a di' nostri di questa malattia, non si potra' mai dire che sia dessa costituzionale, poiche' non attacca mai tutto ad un tratto e nello stesso tempo un'intero paese, come fanno le costituzionali, ma cominciando ordinariamente da poco, passa da una bigattiera all'altra, e cosi' da questo a quel casamento, finche' giugne ad infettare tutto un Comune, alla guisa veramente di tutti i morbi contagiosi, che cominciando da un punto vanno via via estendendosi finche' divenuti per tal modo epidemici ammorbano grandi circondarj e talor intere Provincie.
    I seguaci dell'opinione che i germi contagiosi siano corpi inorganici, e forse anche quelli che pensando saviamente dicono che non si conoscono per anco gli elementi del contagio, mi opporranno che la virtu' attaccaticcia, ossia la facolta' di trasmettere in altri individui la stessa malattia, non e' riposta nell'ente organico da me accennato, ma bensi' nella sottoposta sostanza animale dell'estinto insetto od in altra allo stesso vegetabile vivente unita. Ma se il contagio calcinale non consiste nella riproduzione del detto fungo perche' non v'ha contagione nel cadavere ove non v'hanno i semi del detto vegetabile, o non sono stati perfezionati, o furono tolti o spenti? Perche' se i germi o semi di detta pianta parassita entrando indeboliti nell'individuo che invadono o per qualunque altra cagione non potendo rigenerarsi, sebbene 1'essere contenente soccomba alla potenza loro vegetativa, non puo' produrre in altri individui lo stesso morbo di cui egli e' perito, per difetto di nuovi semi perfetti? Perche', se il contagio di cui si parla risiede nella sostanza animale morta, e non nella detta sostanza viva, perche' separata questa dall'individuo nel quale fu prodotta, si conserva piu' lungamente attiva, e posta nell'acqua, mantiene dessa la virtu' sua appiccatticcia, ossia la di lei proprieta' germinante per molti giorni, e sia anche per piu' d'un mese, se lasciata alla superficie del detto liquido, giacche' da se' non si approfonda, quando collocatovi il cadavere da cui levossi la stessa sostanza o seme, perde in poco tempo ogni sua facolta' contagiosa calcinale?
    Se il fatto c'insegna che la polvere calcinale isolata conserva maggior tempo il contagio di quella che lo conservi aderente ancora al baco salificato; se la stessa polvere sollevandosi nell'aria, genera nel filugello il mal del segno, se poggia su del medesimo e l'invade, o cade sulla foglia che mangia; se la parte bianca o fiorita della larva o della ninfa calcinata si mantiene piu' lungo tempo contagiosa che la colorita, ossia non imbiancata benche' presa internamente, deve dirsi che il detto morbo si riproduce col riprodursi del fungo parassito e non altrimenti.
    Consideratosi che la sostanza acida particolare che si forma o si sprigiona nell'animaletto ucciso dal calcino, e che quindi l'indura e lo salifica, manifesta all'ago la libera sua presenza alla stess'epoca che appare nel cadavere la contagione, poco dopo cioe' la morte del paziente, potrebbero taluni anco supporre che il principio appiccaticcio esista in questa materia morta, piuttosto che nell'altra organica e viva da me enunciata, contro la qual ipotesi, sebbene si possono addurre molte ragioni, mi basta il rilevare che esiste talora la detta sostanza acida, e non la contagione, essendosi gia' spenta o non generata, come avviene in alcuni negroni calcinali, i quali quantunque irrugginiscano l'ago non possedono pero' il contagio moscardinico; ed havvi alle volte nel cadavere il principio attaccaticcio, senza che vi si trovi il detto acido, benche' non siasi per anco indurito lo stesso cadavere, e sempre poi allorquando combinatosi quindi la sostanza acida con altra materia, salifica l'estinto insetto, e non da' pertanto piu' alcun indizio all'ago di sua libera presenza.
    E' poi da aggiungersi che qualunque sia la sostanza inorganica che si vorrebbe generativa della malattia di cui si tratta acida o d'altra natura, essendo essa dotata come ogni altro contagio, della potenza riproduttrice, non puo' riguardarsi che come un lievito o fermento; e come tale non sarebbe sempre identico ed operativo diluito in una grandissima quantita' d'acqua; ne' si spegnerebbe interamente, ne' perderebbe interamente la virtu' sua procreante per opera d'agenti capaci di decomporre o di alterare l'organismo si' vegetale che animale, e non il principio fermentante, come meglio faro' conoscere nella parte pratica di questo mio lavoro.
    Infine nasca o non nasca spontaneo il mal del segno o sia organica od inorganica la materia che lo produce, e' certo che, se non sempre, quasi sempre, o almeno il piu' delle volte deve il rio morbo suscitarsi e diffondersi all'intorno per contagione, attesa massime la sollecita e sterminata moltiplicazione di germi appiccaticci e la rapida loro spandibilita', essiccati che siano, su tutti i corpi circostanti e nell'aere medesimo, bastando un solo filugello fiorito a produrre e spargere all'intorno piu' milioni di semi morbiferi. Dunque un libro che insegni a conoscere il principio, ossia la sostanza, qualunque siasi, che genera la terribile malattia, ed a tener lontano piu' ch'e' possibile, questo stesso principio dalla propria bigattaja, ed ancora ad estinguerlo se per disgrazia si e' introdotto nelle stanze d'educazione, prima che divenga nocivo, non solo sulle diverse cose contaminate, ma ben anche sul corpo dello stesso filugello ed altresi' dentro del medesimo nelle prime vie della sua cute: un libro che mostri come si possa impedire la riproduzione de' germi contagiosi o la loro fecondazione o spargimento almeno all'intorno, che abilita infine chiunque ad instituire nell'argomento tutti i possibili sperimenti colla certezza di non ingannarsi nel prenderne giudizio sui rispettivi risultamenti, certezza che non potevasi mai avere per l'addietro, non essendo certi dell'esistenza del mal del segno negli individui che si sottoponevano al cimento, come siamo sicuri adesso, dopo d'aver comunicato col contatto del fatal polviscolo e specialmente coll'innesto il principio contagioso all'animaletto vivente, questo libro non puo' riuscire pertanto che di pubblico vantaggio, senza parlare delle diverse istruzioni che fornisce intorno alle altre parti del governo dei preziosi insetti ed altre utili cognizioni in esso contenute.
    Lasciata pertanto ai dotti ed alle persone intelligenti la cura di riconoscere con sperienze ben instituite e ripetute la verita' dell'esposta dottrina, e ben anche di ampliarla per quanto sara' possibile a vantaggio della scienza, mi faro' a mostrare nella seconda parte di questa mia produzione ai coltivatori degli utili insetti, con quali mezzi si possa mantenere illesi i proprj filugelli dal terribile moscardino o minorarne almeno di molto il grave danno che da esso ne deriva all'individuo ed allo Stato in generale, ove struggendo ed ove tenendo lontano dalle stanze d'educazione a norma delle circostanze l'ente generatore del morbo desolante, ch'e' quello che importa soprattutto di sapere.
    Il vajuolo umano, qualunque sia la sua origine e la natura de' suoi germi, e si riproduca desso per puro contagio, o nasca ancora spontaneo, cesso' d'infierire tra noi allorche' l'innesto del vaccino diminuendo assaissimo il numero dei malati, minoro' assai piu' quello dei germi morbiferi. Cosi' il morbo calcinale, cessera' di fare stragi dei preziosi animaletti, allorche' i rispettivi coltivatori concordemente e generalmente porranno in pratica il metodo disinfettante, curativo e preservativo, che io suggerisco e raccomando. La disinfezione s'ottiene in piu' maniere coll'uso di diversi agenti, cioe' con molte sostanze, coll'aria libera e col tempo; si ha la cura col sottrarre il filugello al contagio dominante, ossia alla massa de' germi morbiferi riuniti, col renderlo meno opportuno a riceverli, pascerli e riprodurli, e collo spegnere gli stessi germi sul di lui corpo, e dentro nelle prime vie del medesimo; e si previene la malattia col perfetto purgamento dei locali e delle robe tutte contaminate, e coll'impedire tanto la riproduzione dei germi calcinali nelle stanze d'educamento, quanto una nuova importazione dall'esterno nell'interno della bigattaja, come il tutto esporro' ampiamente nell'altra parte di questo mio trattato (5).
Note dell'Autore al Capitolo VIII
(1) Prego i dotti di Firenze, assai lo stesso De Amici, a voler guardare col di lui acutissimo microscopio il germe calcinale nella sua unita', s'e' possibile, persuaso che si possa con questo singolare stromento rilevare la sua forma, o conoscere meglio la vera sua natura. Per ben riescirvi, si potra' innestare di moscardino delle ninfe di filugelli, e porle appena morte in luogo secco, voltandole spesso perche' non infiorino. Quindi indurita la mummia, ma non imbiancata, si inoculera' con questa altre ninfe, onde assicurarsi della sua contagione; e poi conficcata in essa la punta di un sottil ago o semplicemente strofinata, si tocchera' colla stessa spilla il vetro che deve servire allo sperimento, ad oggetto che si depongano cosi' sul medesimo i germi morbiferi da osservarsi col riferito microscopio.
    Quantunque nulla si veda, ad occhio non armato, sulla punta dello spilletto, pure vi devono esistere copiosissimi i semi calcinali, atteso che innestandosi collo stesso ago parecchie ninfe di seguito, senza attingere dalla stessa mummia nuovo contagio, tutte s'infermano di moscardino e periscono, sebbene l'umore animale dei vari insetti che si inoculano, lavando la punta dell'ago feritore, e piu' lo strofinio contro la pelle che si ferisce, faccia perdere alla spilla gran parte degli attinti germi pestiferi.
    Un altro fatto mostra l'esilita' somma di questi germi, e la numerosa loro esistenza sulla punta dell'ago in discorso. Se si prende fra due dita con della carta o con un tessuto di lino od altro l'estremita' dello spillo, e lo si gira o rottola, senza pero' cambiar di situazione, e quindi si innesti o si tocchi puramente un filugello, gli si comunica ancora la terribile malattia, quantunque una gran parte dei semi calcinali siano rimasti attaccati alla carta od alla stoffa, colla quale si strofino' la spilla. Ma se pulendo o fregando l'ago contaminato nel detto modo, si cambia piu' volte di situazione, allora e il toccamento e l'innesto riesce affatto inocuo all'animaletto, per la ragione che l'ago non contiene piu' germi morbiferi, oppur ne serba si' pochi da non essere sufficienti per infermare di calcino l'individuo che si tocca o si inocula, ne' sufficienti tampoco ad offenderlo menomamente.
    Chi sa che osservato col detto microscopio il vegetabile in discorso nella sua integrita', non si scopra in esso la facolta' locomotiva, e non si presenti all'occhio, invece di una pianta, un animale? Cio' almeno non e' impossibile: altre produzioni della natura che si credevano vegetali si riconobbero in seguito per veri animali: e di recente tali furono dichiarati i fiori del vino, della birra ecc. e le conferve per opera delle ingegnose osservazjoni dei celebri signori Delmazieres di Lille, e Chaurin di Cain. Chi sa che il parassito di cui si tratta, benche' si presenti sotto forma di una pianta, non sia desso un animale, sembrando strano che un vegetabile debba la sua esistenza ad un animale che invade vivo, e che quindi uccide per fruttare o almeno per perfezionare i di lui parti, e riprodursi poi in altri animali dello stesso genere di quelli in cui fu egli stesso generato.
(2) Uno dei fenomeni, e forse il principale che da motivo ai coltivatori di non credere la malattia contagiosa, non sapendo rendere a se' stessi ragione di cio' che vedono per mancanza delle necessarie cognizioni e' quello che presenta talvolta un bozzolo cosi' detto doppione, nel quale si osserva che una ninfa peri' dal mal del segno e calcinossi, mentre sorti' l'altra conversa in farfalla. Cio' puo' accadere per piu' ragioni, benche' il rio morbo che uccise uno dei racchiusi due animaletti, sia di natura contagioso, come ho di sopra riferito.
    Il baco affetto di moscardino che si chiude nel bozzolo assieme ad altro sano, non puo' infermare il medesimo della stessa malattia prima di morire, non divenendo contagioso il malato di calcino che dopo estinto, ed emminentemente, se non dopo che si e' imbiancato, ne segue primo, che passato intanto il compagno allo stato di crisalide, difficilmente puo' infermarsi del mal del segno per puro contatto, a cagione della durezza e poca porosita' dell'astuccio membranoso che contiene la ninfa, come lo comprovano le mie sperienze. Secondo, che assorbito anche dal medesimo il mortal contagio non potendo esserne invaso che in vicinanza alla sua metamorfosi non solo puo' desso, benche', affetto di calcino, trasmutarsi in papiglione, ma servir ben anche talvolta alla moltiplicazione della specie, prima che la malattia l'uccida.
    Dal sin qui detto in questa mia produzione, tutti potranno rilevare che il baco calcinato e' contagiosissimo e che basta una minimissima sua particella, benche' invisibile all'occhio nudo, per infermare e far morire del mal del segno un filugello sano. Cio' ritenuto ognuno potra' di leggieri immaginarsi qual numero sterminato ed infinito di germi morbiferi contenga quella polvere che a guisa di nube s'innalza sotto i nostri occhi allorquando si scuote o si muove in alcun modo il bosco o la carta che servi' all'educamento dei filugelli in una bigattiera flagellata dal rio malore; come potra' egualmente di leggieri imaginarsi quanto grande debba essere percio' il seminio dello stesso morbo interno, non solo nelle stanze d'educazione dello stesso proprietario, ma nei casamenti pure dei vicini coltivatori ed anche in tutto il paese e nei comuni ancora poco lontani per le tante comunicazioni d'ogni maniera che hanno luogo tra l'uno e l'altro paese propinquo; e chiara apparisce pertanto alla mente di ognuno la ragione per la quale la terribile malattia va tanto dilatandosi e menando grandi stragi tra i preziosi animaletti e per cui stragi ancor maggiori dovra' di necessita' recare in avvenire, finche' si lascieranno incombattuti i di lei semi operatori e non opporra' l'arte alcun ostacolo alla loro riproduzione, ne' al loro spandimento all'intorno.
(3) Alla guisa dei grossi funghi che il volgo crede nascere spontanei dal suolo, e non per semi, questo parassito, che pure deve appartenere alle specie minime dei funghi, spargendo i proprj semi all'intorno, principalmente sull'ali dell'aria, invisibili all'occhio nudo nelle loro unita', va in traccia di sito opportuno, ossia di bruchi in cui svolgersi, crescere o riprodursi, non altrimenti di quello facciano i funghi delle maggiori specie, i di cui semi non vegetano ovunque cadono, ma soltanto in terreno propizio: e la stagione calda ed asciutta che perfeziona questi, e rende il suolo piu' idoneo al loro sviluppo, rende pure piu' attivi quelli del detto picciolissimo fungo parassito, ed i filugelli piu' atti a riceverli, schiuderli, nodrirli e rigenerarli.
(4) I principj da me dessunti da tante sperienze e qui esposti in questa mia dottrina, avranno gia' fatto conoscere al lettore le fonti da cui il fenomeno deriva: ad ogni modo credo bene di qui esporle riunite in poche parole a maggiore pubblica istruzione.
    Sono ben rari i casi in cui il contagio moscardinico s'introduce in una bigattiera dopo la quarta dormizione. Quasi sempre esso vi esiste dapprima nelle eta' precedenti, sebbene molte volte inosservato; ed allora crescendo di continuo i germi morbiferi col crescere dei morti induriti e molto piu' degli imbiancati, ragion vuole che passato il quarto torpore, ossia giunta la quinta eta' de' filugelli, debbano necessariamente essi germi nel loro naturale andamento rendere maggiore il numero delle vittime della crudel malattia per l'aumento soltanto progressivo dei bachi estinti e calcinati, indipendentemente dalle altre cause che concorrono ad aumentare in questa eta' sterminatamente la copia dei germi contagiosi, e rendere le loro invasioni ancor piu' frequenti in quest'epoca di quello che lo siano in altri tempi, in ragione, del quantitativo degli stessi esseri appiccaticci. Ma si sviluppi il mal del segno o prima o dopo la quarta muta, introdotto in alcun modo il fatal germe tra i proprj bigatti, come pretendere che subita la quarta dormizione non abbiano a crescere d'assai i malati di moscardino, i morti ed i calcinati, se d'ordinario nella quinta eta' molto maggiore e' il numero dei germi morbiferi assalitori, per le dette ragioni, maggiore la loro energia, maggiori i punti di contatto tra essi e gli animaletti che si coltivano, anche indipendentemente dalla quantita' loro maggiore, piu' facili e piu' sollecite le invasioni, piu' breve il periodo della malattia, e piu' celeri e piu' frequenti le riproduzioni, e se gli stessi esseri riprodotti sono ancor piu' numerosi in ciascuna singola riproduzione, cosicche' un baco invaso dal micidial parassito anche dopo subito il quarto torpore, ha tempo di riprodurre il contagio, massime s'e' questo della varieta' piu' maligna, e comunicarlo a' suoi fratelli avanti di chiudersi nel bozzolo, e questi possono talvolta infettare ancora altri bachi coi germi in esso rigenerati prima di emettere il serico umore; se tra la quarta muta e la produzione del bozzolo possono i semi calcinarj riprodursi sino tre volte? Conosciuta la somma fecondita' e moltiplicita' di questa pianta parassita, ognun vede chiaramente la quantita' immensa di germi attaccaticci di cui devono essere coperti tutti i corpi esistenti nella stanza d'educazione, non che disseminati nello stesso aere ambiente nell'eta' in discorso, principalmente verso la sua fine, e tanto piu' se molti siensi gia' formati e sparsi nelle eta' antecedenti: e ciascun germe invasore produce alla dett'epoca nel soggetto invaso piu' copiosa ed energica figliuolanza e pochi sono gl'invasori in questo tempo anzi pochissimi che non si riproducono, rendendo la malattia sporadica ed il cadavere inetto pertanto a comunicare ad altri bruchi il rio malore.
    Il calore atmosferico, che cresce coll'avanzarsi della stagione, accresce la vigoria de' germi e la foglia divenuta piu' matura e piu' compatta, diminuisce il principio acqueo nel filugello ed aumenta la sostanza acida, terrosa, ed alcalina o quella de' loro componenti rendendolo cosi' piu' idoneo a svolgere, a nodrire ed a riprodurre i germi contagiosi ed a fornire successori sempre piu' numerosi e piu' potenti.
    Il maggior volume acquistato dai bachi nell'eta' in discorso, e la maggior superficie della foglia che toccano, e di cui si cibano, aumenta i punti di contatto tra essi ed i germi morbiferi, anche indipendentemente dall'aumento degli stessi germi, e tale contatto viene pure accresciuto dalla maggiore circolazione dell'aere interno cagionata dall'occupazione di maggiore spazio, e dai maggiori lavori occorrenti all'epoca di cui si tratta, tanto piu' ove si pratica di mantenere nella bigattiera, ben anche dopo il quarto torpore dei bachi, la sola dolce ventilazione invece di aprire onninamente gli usci e le finestre tutte, e tutti gli altri fori quanti mai n'esistono, il quale massimo possibile areamento, mentre contribuisce a conservare piu' facilmente sani e vigorosi i filugelli, contribuisce pure a rendere meno micidiale in piu' modi il formidabil moscardino. Se questo aumento poi di contatto rende piu' frequenti gli attacchi, la maggior energia dei germi moscardinici associata alla maggior attitudine dei bachi a sviluppare, pascere e rigenerare il contagio, rende piu' facili e piu' sollecite le invasioni e quindi piu' breve il periodo della malattia, e piu' copiose le riproduzioni e piu' numerosi gl'individui estinti e calcinati, e sempre maggiore e crescente percio' il quantitativo de' germi contagiosi, maggiore conseguentemente il numero degl'individui tocchi ed invasi, maggiore quello dei malati e dei morti, maggiori le stragi; ed il rio morbo vestendo intanto forma epidemica spiega cosi la maggior sua fierezza a danno delle presenti e delle future generazioni, spesso divorando le intiere coltivazioni.
    Ad accrescere il numero delle vittime ed a produrre il tremendo disastro, concorrono ancora oltre le accennate cagioni, germi antichi e nuovi che inoperosi in altri tempi per soverchia debolezza o per altro difetto loro proprio, invigoriti a quest'epoca da favorevolissime circostanze, divengono essi pure attivi e micidiali.
    Che se avviene alle volte, che dopo la quarta muta de' filugelli il mal del segno gia' in corso, scema invece di crescere o cessa talora anche quasi interamente, senza l'intervento dell'arte, e' perche' scemano o spariscono quelle stesse cause o circostanze che introdussero o propagarono la malattia, o perche' l'accidente reca degli agenti che si oppongono al successivo andamento del rio malore.
    Il cibo cambiato: un alimento puro, incontaminato, sostituito a foglia proveniente da paesi dominati dal mal del segno e posta in sacchi, recipienti, o locali infetti, o colta, distribuita, o diversamente tocca da persone ammorbate o altrimenti infette; una foglia tenera, umorosa per la specie o varieta' del gelso o per la gioventu' dei rami da cui fu tratta, o per essere meno matura o meglio per la qualita' del terreno pingue, irriguo, o altrimenti umido che l'ha nodrita, somministrato, dopo altra piu' consistente e dura, perche' di diversa specie, piu' matura o proveniente da un suolo povero, arido, siliceo: un gran abbassamento di temperatura atmosferica: una pioggia copiosa e continuata un vento sirocale, marino, successo ad altro secco di settentrione; la foglia bagnata dalla pioggia o colta colla rugiada o data ai bachi appena brucata ossia staccata dall'albero, invece di fornirla, come facevasi dapprima dopo riposata di qualche giorno; l'aria ambiente della bigattaja resa eccessivamente umida per soverchia chiusura, o per acqua versata sul pavimento, o per introduzione di foglia bagnata, o per altra causa: la stanza d'educazione resa molto piu' ventilata collo spalancamento di tutte le aperture; la causale sottrazione della carta o dei graticci contaminati, queste ed altre cose sono capaci d'indebolire e talora ben anche di spegnere i germi moscardinici o di togliere l'attivita' a quelli che potevano essere altrimenti operosi e di rendere minore l'opportunita' nel filugello a pascere ed a moltiplicare in se' i semi contagiosi; minore il numero delle riproduzioni, minore quello dei germi riprodotti in ciascuna singola generazione, maggiore il numero dei morti di negrone, minore quello dei calcinati, minore la quantita' de' germi morbiferi che si staccano dai cadaveri imbianchiti, perche' minore o meno celere l'essiccamento, quindi minore il numero dei nuovi malati e dei germi rigenerati e minore d'assai tra questi i micidiali.
    I riferiti cambiamenti di cose e di circostanze ed altre variazioni possono produrre questi ed altri effetti, tutti tendenti a scemare piu' o meno in alcun modo la terribile malattia ed a recarla ben anche talora a finimento ove la combattino molte cause opponenti insieme unite.
(5) Avendo tenuto lunghissimo discorso in questo mio componimento di una singolare pianta crittogama che non si nutre che di sostanza animale e non assume i primi rudimenti di sua vita attiva che nell'organismo animale vivo, non mai nel morto, mi cade piu' in acconcio di esternare una mia oppinione rispetto ad altra pianta criptogama non meno maravigliosa, la quale non si sviluppa, non cresce e non si propaga invece che nella sostanza animale morta. Intendo parlare di quel maraviglioso vegetabile, a cui devesi, a mio aviso, la conservazione di molti corpi morti umani, ossia la conversione in mummie naturali dei cadaveri della nostra specie, particolarmente nelle tombe di Venzone di cui tratta il dottor Marcolini in una sua memoria stampata in Milano l'anno 1831.
    Io porto ferma opinione che il disseccamento o trasmutazione in mummie spontanee dei corpi umani in detti sepolcri, si debba interamente all'atto vegetativo della pianta criptogama o fungo che ricopre i detti cadaveri, i cui germi giunti una volta a toccare in alcun modo un cadavere in circostanze favorevoli al loro sviluppo ne impediscono la putrefazione col trasmutare la sostanza morta animale in sostanza viva cioe' in sostanza propria. Quindi consumata dal lasso del tempo la cassa o altro recipiente che racchiudeva l'estinto individuo e posto allo scoperto il cadavere, i semi di esso fungo numerosissimi ed esilissimi spargendosi intorno e sollevandosi ben anche nell'aere ambiente allorche' in ispecie viene agitato dal riapprimento della tomba, facilmente puo' giugnere al contatto delle nuove spoglie umane che la si ripongono, insinuandosi per i piccioli pertugi o fessure della cassa o altro vaso serbante il cadavere, principalmente se vi ha stravaso di materia liquida animale, che abbia accesso all'aria esterna. A questa appiccandosi i germi esilissimi del fungo in discorso e quivi schiudendosi e rapidamente e immensamente riproducendosi le pianticine per semi, per cestimento o serpeggiando, ben presto impossessatosi del cadavere tutto l'invadono e lo coprono, convertendo la sostanza morta animale in sostanza viva vegetale, e preservando cosi' dalla corruzione l'estinto uomo, il cui cadavere poco a poco quindi disseccando si cambia in mummia naturale ossia spontanea. E ben congetturo', a mio giudizio, l'illustre estensore dell'articolo inserito nel volume 63 pagina 204 della Biblioteca Italiana.
    Questa pianta crittogama al pari della calcinaria, che consolida e conserva i filugelli ed altri insetti attinge nell'atto suo vegetativo dall'animale che la contiene e forse anche in parte dall'atmosfera i necessari elementi alla formazione della materia acida salificatrice e disseccatrice del cadavere dell'estinto individuo, ponendo a nudo il principio acqueo, il quale isolato non potendo promuovere nella morta sostanza animale il putrido fermento e' forza che ceda all'affinita' del calorico, il quale poco a poco se l'appropria e l'evapora.
    Se cio' non corrisponde pienamente a quanto accade nella conversione dei corpi umani in mummie di cui si parla, e' quello almeno che si vede e si osserva nei diversi fenomeni che provoca e analizza lo sperimentatore intorno al calcinamento dei bachi da seta e di altri bruchi. Il fungo in discorso vegeta sull'animale morto a differenza del caicinale che non assume le prime mosse di sua vegetazione che nell'animale vivo. Al pari pero' del calcinario salifica, dissecca e conserva la sostanza animale morta.
    Si vuole conoscere se il fenomeno, ossia la conversione del cadavere in mummia spontanea proceda realmente dal processo di vegetazione della riferita, pianta fungosa? si prenda del polviscolo, ossia di quella materia bianca che veste le mummie di Venzone, non sia pero' troppo vecchia, e con essa si strofini leggermente piu' corpi umani appena estinti dell'uno o dell'altro sesso, ed in ispecie di quelli poco umorosi e morti di malattie, che non sollecitano la putrida dissoluzione, e poi si collochino subito in piu' sepolcri ed anche nelle stesse tombe di Venzone chiudendo gli uni nelle casse o altri vasi e lasciando scoperti gli altri. Si pongano ben anche in puri sotteranei piu' o meno umidi, tanto a Venzone che altrove e cio' facciasi in piu' tempi, in primavera, nell'estate, od in autunno e con polveri o germi di eta' diverse tolti da mummie di sei, otto, dodici, sedici e piu' mesi.
    I germi del detto fungo, trasmutatore e conservatore della sostanza morta animale, devono, posti in contatto colla materia capace di svolgerli e nodrirli in circostanze favorevoli, svilupparsi e crescere e riprodurre quindi per semi per cestimento o serpeggiamento le piccole pianticelle e consolidare e convertire per tal modo la sostanza morta animale in sostanza viva, propria, vegetale.
    Io invito pertanto i fisici ed i medici specialmente a voler farne sperimento, onde poter iscoprire, s'e' possibile, la vera cagione d'un fenomeno tanto maraviglioso e poter conservare incorrotti i corpi di quelli oltrepassati, la cui memoria ci dev'essere per piu' titoli carissima.
FINE DELLA PRIMA PARTE. |
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